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RI-GENERA IL PENSIERO

RI-GENERA IL PENSIERO

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"I LUOGHI DELLA MIA ROMA"
di Nadia Cannavina

Articoli, ricordi e divagazioni su alcuni angoli di Roma

conosce bene e ne ha fatto una professione e una ragione di vita.

conosciuti e poco conosciuti, raccontati da chi Roma la

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LUOGHI DI INCONTRO E DI SVAGO
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LUOGHI ISTITUZIONALI
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ARTE, MOMUMENTI E NON SOLO

Chi è Nadia Cannavina

Un'amica tra gli amici di Ri-genera il pensiero, una funzionaria del Comune di Roma, un'attenta studiosa dei fenomeni e della storia metropolitana che racconta la sua città tra il serio e il faceto.

Salve,

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VECCHIA ROMA

Vecchia Roma/ Sotto la luna / Nun canti più / Li stornelli /Le serenate de gioventù…

 

No, non è la Roma degli innamorati che non vanno più sul lungotevere “ A rubasse li baci a mille Sotto all'arberi ”, anche perché sotto quei poveri alberelli un po’ malati, un po’ secchi , provati da anni ed anni di incuria ci sarebbe qualche pericolo .

 

Non è la Roma dei Cesari e della gloria passata. Non è la Roma dei monumenti e del Pontefice , ma è una Roma più vicina, un po’ più umile ma più vera ed alla nostra portata.

 

E’ la Vecchia Roma del Ristorante a Piazza Campitelli, al Ghetto. E poi , oggi è Pasquetta ed un bel pranzetto ci sta bene.

 

Un Ristorante di cucina romana, e non solo, classico all’interno e con i tavoli appoggiati sulla splendida piazza piena di palazzi nobiliari e vicinissima all’attuale sede del Dipartimento Cultura del Comune di Roma, al di là della Fontana dell’Acqua Felice di Giacomo della Porta.

 

IL Dipartimento, la Chiesa sconsacrata di Santa Rita erano i nostri i luoghi per la cultura, per l’organizzazione di eventi e dell’estate romana ed usciti dalle riunioni, con in testa spesso progetti e storie da trasformare in realtà si andava a mangiare qui. Un po’ caro per le nostre tasche, ma una volta, si poteva fare. E poi, qualche compleanno, qualche ricorrenza, qualche festività da ricordare, accompagnata dalla bellissima atmosfera e dalla magia del passato .

 

Si mangia bene? Alcune cose le ho travate buonissime, altre un po’ meno ma non sono qui per pubblicizzare il locale, che, del resto, non ha bisogno della mia pubblicità, voglio solo riflettere sui ricordi della mia vita.

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ARTISTI (QUASI) SPARITI:
I MADONNARI

E’ possibile che in questa mia Roma ci siano dei luoghi che mi ricordano i Madonnari ? questi Artisti che arrivavano silenziosi, occupavano una porzione di marciapiede , posavano la loro cassetta piena di gessetti colorati ed un cartone che riproduceva un quadro bello e famoso soprattutto a carattere religioso e rappresentava prevalentemente la Madonna, che loro, con arte e pathos non inferiore a quella dell’artista originale, riportavano, sempre in silenzio, sul grigio del Marciapiede ,illuminandolo e contentandosi dei segni della Croce, delle preghiere accennate e degli sguardi che si posavano sulla Vergine Maria e raccoglievano , con orgoglio le monete che la gente lasciava cadere sul dipinto per ringraziarli di quell’attimo di cielo.

 

Si chiamano Madonnari per i soggetti dei loro dipinti, ma sanno fare di tutto anche creazioni di rara prospettiva. Sono artisti di strada, un tempo tutelati dalla iscrizione al Registro dei Mestieri ambulanti ( ex art.121 TULPS abrogato ), ora non più.

 

Ai nostri tempi, in questa Città più convulsa, occupata, caotica ed impicciata, dove sul marciapiede c’è posto per tutto ma non per l’arte e lo spirito, non si vedono quasi più.

 

Davanti a me, ragazzina, comparivano nel tratto dell’Appia nuova, dopo la via Enea, allora sede di un grande mercato, di fronte ai magazzini UPIM, quasi prospicienti il negozio di fiori che era un inconsapevole omaggio alla Vergine dipinta. Si stava attenti a camminare, non si sfiorava il disegno che però dopo pochi giorni, era destinato a sparire. La poggia lo cancellava in fretta e la strada tornava alla sua destinazione.

 

Ora i Madonnari si trovano a Sud, in Campania, in Basilicata, in Puglia. In altre Città come a Mantova ci sono degli incontri, dei raduni, diciamo dei Festival e qualcuno resiste, ma l’anima popolare che li accoglieva e li faceva grandi, quella non c’ è quasi più.

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GIOLITTI A VIA UFFICI DEL VICARIO

È una delle più note e famose gelaterie romane. Ha aperto nel 1890, ma come latteria, cioè si vendeva il latte locale, poi, a poco a poco è diventata quello che è ora.

 

Non si può arrivare a Roma senza fare una tappa da Giolitti per gustare i gelati, (famosissima la Coppa Giolitti con gelato di crema, cioccolato e zabaione, ricoperta di panna e granella di nocciole.) i semifreddi, le cassate e l’ottima pasticceria. Ci si può sedere ai tavoli sulla strada, vicinissima al Pantheon ed ai Palazzi del Parlamento, oppure dentro, nella bella ed elegante sala liberty.

 

Giolitti era la meta desiderata di noi ragazzine che, da poco avevamo avuto il permesso di uscire da sole, ed il sabato pomeriggio (però non tutti i sabati) si andava da Giolitti. Era una festa, prima prendere l’autobus al capolinea, percorrere un buon tratto di Roma, passare per piazza Venezia e poi nuovo capolinea a piazza San Silvestro, attraversare via del Corso e piano, piano guardandoci intorno arrivare alla nostra meta. Già il percorso era intrigante, poi la destinazione….

 

Un pomeriggio estivo ci è capitata una avventura. Non era raro incontrare da Giolitti qualche parlamentare che arrivava con un suo staff, si sedeva nella sala ed ordinava sorbetti e gelati, ma quel sabato, di grande caldo è arrivato … Umberto Bossi con altri suoi parlamentari. Erano severi, in giacca e cravatta, (nonostante il caldo) si sono seduti proprio vicino a noi e continuavano a parlare tra di loro in politichese. Poi è arrivato il cameriere con il vassoio dell’ordine, e cosa c’era? Acqua minerale e limonata. Nooo, nel tempio del gelato. Si era rivoltato il mondo.

Qualche anno più tardi dei cronisti fotografarono il Senatur, seduto con il figlio Renzo all’esterno della nostra storica gelateria, attorniato da guardie del corpo, Renzo mangiava il gelato ed il Senatur fumava il sigaro. Sembra che da anni, come riferisce il Sole 24 ore, Bossi abbia fatto della gelateria il suo punto di riferimento romano, ma sembrerebbe con acqua minerale, e, sì anche con il cappuccino. Ma non c’è speranza allora.

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GRANDI MAGAZZINI UPIM

Tutti o quasi li conoscono, tutti o quasi li frequentano ma chi conosce come sono nati e cosa significa la sigla UPIM?

 

Come possono dei grandi magazzini essere luogo della memoria? Eppure è così.

 

I grandi magazzini, in questo caso UPIM, ed un UPIM in particolare, quello di via Appia Nuova, con la varietà delle loro merci, i loro colori, i profumi e quell’aria di novità che trasmetteva a noi ragazzine di qualche anno fa, sono diventati, nel nostro immaginario, un sinonimo di adolescenza.

 

Non era facile andare in discoteca, il Piper era riservato ai compleanni e poi neanche , al cinema si andava con la famiglia o accompagnate dai fratelli o cugini ( molto scocciati di dover accompagnare “ quelle la’” ) ed i piccoli momenti di libertà per “ fare le grandi “ erano le passeggiate con le amiche sulla via Appia ( nuova ) e la meta erano i magazzini UPIM.

 

La catena dei grandi magazzini “Unico Prezzo Italiano Milano “ ( dove Milano è stato aggiunto per distinguere il magazzino a prezzo unico da altre , esistenti catene UPI ) nasce proprio a Milano a Piazzale Loreto, dove sul finire dl 1927 viene aperto, in via sperimentale, il primo magazzino con una grande varietà di articoli a prezzo ( ora diremmo ) calmierato che andava da 1 a 5 lire. Fu un grande successo. Si arrivò ad incassare 6.000 lire al giorno.

 

Dopo Milano, il primo negozio UPIM, un po’ come lo conosciamo adesso con articoli

 

di abbigliamento e d’arredamento, con merceria e giocattoli e con l’aggiunta di dolciumi a prezzi fra 1 e 4 lire, apre a Verona e poi, a poco a poco si espande in tutta Italia.

 

I primi negozi UPIM avevano una particolarità, per evitare truffe e furti di merce, visto che il prezzo era quasi unico, all’ingresso si acquistava un biglietto con l’importo presunto che si presumeva di spendere, all’uscita si doveva mostrare la merce ed il biglietto per l’eventuale conguaglio e/o restituzione.

 

La merce era (ed è) di buona qualità ( sono un po’ rare le cosiddette “ fregature “) ed a prezzi contenuti.

 

Poi i negozi UPIM sono passati, per tanti anni alla catena della RINASCENTE ed infine, dopo altre vicende finanziarie al gruppo COIN /OVS

 

Il magazzino a cui faccio riferimento, quello di via Appia Nuova, non è cambiato molto nel tempo e ha mantenuto e mantiene l’aspetto rassicurante di qualcosa di certo, di sicuro. Nel corso del tempo, i reparti sono stati organizzati in modo un po’ diverso, anche le merci poste in vendita hanno avuto alti e bassi. Ad esempio al secondo piano per un po’ di tempo era stato aperto un settore dedicato ad elettrodomestici, televisori e telefonini, ora non più. Ma anche l’avvicendamento dei prodotti garantisce novità ed incuriosisce la clientela.

 

Torniamo a noi ragazze con tanti desideri ma quasi sempre con soldi insufficienti, per cui era una festa rivolgerci ai luccicanti stand delle “offerte scontate” e sempre, quasi sempre si usciva con un acquisto “speciale”.

 

Anche adesso, che ragazzina non sono più, mi sono rimaste queste curiosità e quando vado alla UPIM guardo i banchi /stand delle “offerte speciali “e degli sconti al 50% e quasi sempre trovo un golfino, una camicia, una sciarpa, un qualcosa da comprare di cui non posso, ma proprio non posso, farne a meno.

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ANTICO CAFFE’ SAN PIETRO

Forse non fa parte della memoria collettiva questo antico Caffè che si apre su via della Conciliazione, ma sicuramente fa parte della mia memoria e del mio vivere Roma.

 

Non è famoso come il Caffè Greco (eppure con l’antichità e gli anni siamo lì), non è come Giolitti agli Uffici del Vicario che unisce la tradizione e la bellezza dei luoghi ad un gelato ottimo, ma anche il Caffè San Pietro è un punto di riferimento per i romani e per i tanti stranieri che vanno a visitare il Vaticano e trovano un attimo di riposo e di ristoro con le bevande e gli ottimi piatti serviti da un personale attento e cordiale.

 

È stato sempre lì, da quando c’è via della Conciliazione (cioè la via della pace e dell’accordo tra Stato e Chiesa), questa strada creata come punto di collegamento tra due Stati e che unisce Castel Sant’Angelo a San Pietro e finisce in piazza San Pio XII dove una sottile linea in travertino romano segna il confine tra lo Stato Italiano ed il Vaticano.

 

E’ il bar dove andavamo la domenica, prima del concerto quando l’Auditorium, quello della musica sinfonica per intenderci, stava a via della Conciliazione, un pochino più avanti, verso Castello.

 

Si arrivava presto, sempre per trovare parcheggio, e si andava al bar, ci si incontrava con altri spettatori e ci scambiavamo le nostre opinioni. Era una festa, un bel motivo di apprendere quando al concerto si andava con Anna Laura e Giovanni, grandi conoscitori della più bella musica o quando si era insieme a Giuditta e Fortunato e Fortunato incantava tutti con la sua grande cultura musicale.

 

Ho avuto modo di sostare al bar anche in altre occasioni, ma non posso non ricordare quei momenti, quegli incontri, l’attesa di un bel pomeriggio diverso dalla quotidianità.

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PONTE SANT’ANGELO

 

Era una bella e calda sera di giugno, il sole stava tramontando, alle 9 cioè alle 21, l’appuntamento era su Ponte Sant’Angelo, all’inizio, dalla parte del Castello.

 

Il professore ci aspettava, il suo aiutante prendeva i nomi , verificava le prenotazioni e noi nell’attesa guardavamo il sole che piano , piano si nascondeva ma lasciava la sua scia di luce che rendeva il marmo del Ponte scintillante e restituiva agli Angeli la loro aureola dorata.

 

E’ stata una estate caldissima quella del 2003 ed uscire la sera, con uno scopo, cioè visitare le bellezze di Roma spiegate da una persona piacevole e competente come il Professore Roberto Quarta (professore di storia e filosofia e grande esperto di esoterismo e di cultura ermetica rinascimentale) che ci accoglieva sul Ponte, faceva diventare la sera indimenticabile, come quella sera su Ponte Sant’ Angelo.

 

Non rifarò la storia di questo gioiello che credo tutti conoscano, parlerò di quella sera, quando ci si fece notare che il Ponte era antichissimo ( costruito nel 143 d.C. dall’Imperatore Adriano ) ,che non si chiamava così ma si chiamava Ponte Elio, che ne ha viste molte, i Pellegrini del Giubileo, le invasioni dei Goti, le pene capitali inflitte ai condannati in piazza Ponte dove venivano esposti, a monito , i corpi dei giustiziati ( e questo ha fatto scaturire molte leggende sulla Roma esoterica ).

 

Solo intorno al 1500 un Papa Clemente fece porre all’ingresso del Ponte le Statue degli Apostoli Pietro e Paolo ed un secolo più tardi, un altro Papa Clemente adornò il Ponte con cinque coppie di Angeli (scolpite dal Bernini e dai suoi Allievi) che portano gli strumenti della passione di Cristo e per questo Ponte Sant’Angelo viene considerato una grande via Crucis. Solo intorno alla metà del 1700 viene posta sulla cima del Mausoleo di Adriano (Castel Sant’Angelo) la bella statua dell’Arcangelo San Michele, protettore di Roma, che rinfodera la spada segno della fine del flagello della peste.

 

La notte è scesa, la passeggiata è finita, ma le luci della Roma notturna illuminano il Ponte ed i suoi miti ed illuminano noi che ci allontaniamo e rientriamo nella nostra epoca con un ultimo sguardo alla storia.

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IL NIDO SCARABOCCHIO DI VIA TARANTO

I nidi comunali a Roma sono stati aperti nel 1975. Il nido di via Taranto non è stato il primo, ma uno dei primi. I primi aperti sono stati quello di via del Calice e via Lusitania.

 

Allora i nidi non avevano un nome, ma prendevano il nome della via in cui erano ubicati. Solo in seguito i Gruppi educativi, quando le strutture erano già state riconosciute come scuole ( e non più servizi sociali assistenziali ) ,quando non c’erano più Assistenti ma Educatrici ed avevano un loro Funzionario educativo , solo allora si sono dati un nome e per via Taranto è stato scelto Scarabocchio. La prima traccia, il primo segno e l’espressione dei bambini piccoli, piccoli.

 

Voglio raccontare, anche attraverso le foto (che ho scattato al momento della inaugurazione a seguito della ristrutturazione dipartimentale) il nido, come lo ricordo io, con il suo Funzionario educativo “storico”, Annamaria Gaetani, che è stata uno dei principali artefici della riqualificazione.

 

Sono i primissimi anni del secolo ventunesimo, il Dipartimento comunale ha in progetto la riqualificazione dei nidi (nati in edifici prefabbricati ed un po’ “frettolosi “). Annamaria denuncia, da tempo, che i reparti (ora sezioni) sono periodicamente soggetti a muffe che sembrano risalire dal pavimento. Il Servizio tecnico arriva, noi spostiamo i bambini, con notevole disagio per tutti, educatori e genitori e, soprattutto i bambini. Si pulisce , si disinfetta e si crede che è tutto a posto. Dopo due o tre mesi però si ricomincia.

 

Che fare? il Dipartimento stanzia altri soldi, si fa uno studio approfondito. Cosa c’è sotto quella piccola costruzione prefabbricata? Ed arriva il problema e la soluzione, c’è un fiume sotterraneo che attraversa la via Appia e poi via Taranto, arriva a San Giovanni e poi ancora un po’ di strada e poi si getta nel Tevere. Bisogna provvedere, come? Con uno zoccolo isolante , mi sembra di 60 centimetri, fatto di ghiaia e… ( non lo ricordo più ) con cui circondare il nido. Fatto, ma quanto lavoro! E poi, dopo la sistemazione anche delle superfici interne e delle sezioni (allora reparti), dopo gli arredi nuovi e le piccole mattonelle colorate che mi piacevano tanto, si inaugura (giugno 2004 ) insieme all’Assessore , una figura indimenticabile , una amica , Maria Coscia.

 

Poi il tempo passa, si avvicendano nel Gruppo educativo figure eccezionali che hanno fatto storia, (la ricordiamo Angelina Sturabotti ? ) il nido diventa più bello ma per molto tempo resta fedele alla sua vocazione e resta la struttura con l’orario più lungo del Municipio ( il Municipio nostro, quello IX ).

 

Annamaria ora divenuta Poses (cioè Posizione Organizzativa ) si trasferisce, va a Ostia , ma con il cuore resta a via Taranto con Antonella, Nadia Citrigno, Adriana e perché no ? anche con questa Nadia che scrive ed intanto il Municipio Roma IX non c’è più.

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LE MILLE VITE DI VILLA LAZZARONI

Questa bella, storica Villa con il suo bel Parco, autentico polmone verde della città ha trascorso la sua prima vita come casale rustico di una Vigna suburbana.

 

Siamo nella seconda metà del 1800 l’area verde (agricola) ed il casale rustico si chiamavano “ Vigna Peromini “ ma poi vennero acquistati da ricchi signori, di recente nobiltà, i baroni Lazzaroni e, nei primi anni del primo novecento troviamo la denominazione che conosciamo oggi, Villa Lazzaroni.

 

IL casale fu ampliato ed il rustico trasformato in villa signorile con anche un salone per le feste (forse l’attuale sede dei locali della Presidenza) ed il giardino, il grande giardino venne ristrutturato sfruttando le conoscenze in materia di giardinaggio di uno dei proprietari in modo che fossero presenti molte piante, anche esotiche, unite agli ulivi presenti agli ingressi sia della via Appia che di via Fortifiocca a testimonianza dell’origine agricola della Villa.

 

Le quattro fontane volute dai baroni, anche se malridotte e vandalizzate, ci sono ancora.

 

I primissimi anni del novecento segnano il declino della famiglia baronale e si succedono altri proprietari fino a che nel 1908 vengono accolti nella villa gli orfani del terremoto di Messina a cura dell'Orfanotrofio Pio-Benedettino.

 

Tutti i vari passaggi di proprietà (di cui non abbiamo notizie proprio precise) segnano trasformazioni sia del giardino che della villa ed infine, dopo l’ultima guerra fu acquistata dalle Suore missionarie Figlie di Maria che aggiunsero la Chiesa (ora teatro) ed aprirono un orfanotrofio poi divenuto asilo.

 

Molti utenti, venendo negli uffici raccontavano di essere andati a scuola dalle Suore Missionarie ricordando i loro giochi di bambini nel giardino che, anche cambiato nella sua essenza, era sempre bello e più bello nei loro ricordi.

 

Con una convenzione ad hoc, due ettari di giardino vengono ceduti al comune e diventano parco pubblico, non ben curato per la verità ed altre essenze arboree scompaiono.

 

Comunque arrivano altre trasformazioni, la pista di pattinaggio, i giochi per bambini, e infine, nel 1979, l’area con l’edificio viene acquistato dal Comune di Roma per diventare la sede della IX Circoscrizione.

 

Ed all’interno del Parco apre la scuola materna e primaria di villa Lazzaroni ed apre il primo centro anziani di Roma.

 

Si completa la trasformazione esterna con la sede AMA, con il campo di bocce ed il piccolo bar ricavato in un localino piccolo, piccolo, lungo il muro di cinta verso l’Appia, un localino gestito e curato da una delle figure importanti della ristorazione romana e della nostra vita professionale, l’indimenticabile Antonio Nori. Nel piccolo bar i bambini, dopo il gioco andavano a prendere il cremino, chiaramente se erano stati bravi.

 

La trasformazione è anche interna , nel refettorio viene inaugurata la sala consiglio intitolata alla scrittrice brava e sfortunata Maria Teresa di Lascia ( chi ricorda “ passaggio in ombra “ ?) nei locali della scuola e delle suore nascono gli uffici ma l’interno , a saperlo guardare ,mantiene l’atmosfera austera, silenziosa ( anche con molta gente ) rispettosa e patinata di un convento che causava le piccole canzonature dei” maschietti “ del servizio tecnico nei nostri confronti “ ma guarda un po’, sembrate tutte delle suore “.

 

Nelle ex scuderie arriva il IX Gruppo dei Vigili Urbani (poi trasferiti a via Macedonia )e il Direttore Francesco Alvaro , tutto proteso a progetti di riqualificazione ed alla individuazione di servizi vincenti per i cittadini , trasformò gli uffici in luoghi eleganti ed accoglienti e funzionali e funzionanti.

 

Quando alla Direzione della Circoscrizione, divenuta Municipio , fu nominata l’architetto ambientalista , ben conosciuta al Comune ma anche all’Università e nei luoghi di studio ,Mirella Di Giovine ( che già aveva realizzato il parco di Torre del Fiscale ) si avviò il progetto di riqualificazione di Villa Lazzaroni e del suo giardino che , anche con molti patemi e mal di pancia ridivenne bella , tanto bella che ci venne chiesta dalle” Arene di Roma “per il Cinema all’aperto dell’estate romana che abbiamo organizzato nel piazzale davanti ai locali di Presidenza.

 

Fu un successo , ma richiese tanto lavoro e le delibere chi le ha fatte ? Io. Ricordo tante cose ma , soprattutto le preoccupazioni dei colleghi del servizio tecnico per garantire la sicurezza dell’arena.

 

Siamo ancora in tema di ricordi ? e perché non ricordare un’altra figura indimenticabile ? Pino Oddo,il Presidente delle Arene di Roma che in occasione di alcuni black out in Villa ci illuminava i viali con i fari della sua auto.

 

Poi i Vigili vanno via e le scuderie sono riservate agli uffici degli Assessori e

 

poi c’è stato il periodo del “ non ci sono i soldi “ e della valida collaborazione con l’Associazione dei volontari della Villa e poi ancora…..

 

E poi, mi sia consentito ,c’è stato un altro black out, quello politico dell’ultima consiliatura con una villa che , ha seriamente rischiato di morire nel degrado, nella incuria e nella incapacità di chi doveva rispondere a lei ed ai cittadini ma non lo ha fatto, perché ? ma, come un corpo stanco che non ha più la forza ed il vigore della prima giovinezza ma mantiene intatti i desideri ed i sogni e rivive nei suoi ricordi , come l’araba fenice che rinasce dalle sue ceneri , la Villa prova a rialzarsi , ad essere ancora viva .

 

Ora , dopo mille vite e trasformazioni siamo arrivati ad un’altra vita , alla mille e una ? speriamo di sì, in molti non vogliono altro.

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LA CHIESA SCONSACRATA DI SANTA RITA DA CASCIA IN CAMPITELLI A VIA MONTANARA

 

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Questa Chiesa ormai sconsacrata la considero uno dei miei luoghi perché è stata un posto di lavoro. Si sono svolte qui molte riunioni per l’estate romana decentrata ai Municipi ed anche riunioni e corsi di aggiornamento.

 

Questa bella ex Chiesa è andata ad arricchire le Sale comunali, quelle per riunioni, corsi per il personale, concerti, seminari e spazi espositivi. Fa parte di quel ricco patrimonio che annovera piccoli gioielli come la Protomoteca, la sala del Carroccio, le sale Gonzaga e Cola di Rienzo a via della Consolazione e la bella e semisconosciuta Sala Vinciana.

 

Ha una particolarità questa sala è fredda e si muore di freddo anche ad agosto. Ricordo che era il 2 o 3 agosto e ci avevano convocato per non so più quale evento dell’estate romana che stentava a decollare. Dopo un paio d’ore sedute e ferme io ed altre due colleghe siamo scappate al sole per scongelarci e, in piena estate, al bar vicino abbiamo chiesto un cappuccino bollente.

 

La Chiesa non è stata progettata e costruita dove si trova ora (incrocio con via del Teatro Marcello) ma si trovava ai piedi del Campidoglio sotto la scalinata di Santa Maria in Aracoeli. E’ stata costruita nel XVII secolo e poi, con i lavori e le demolizioni degli anni trenta è stata “smontata “e poi ricostruita dove si trova ora,

 

E’ in uso al Comune ma la sua facciata, i suoi marmi, le sue statue, le sue vetrate parlano di fede e di un passato del e per il Signore.

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IL FASCINO DELLA VIA APPIA (NUOVA)

No, non stiamo parlando della gloriosa consolare immagine della antica Roma ma della più moderna Via Appia Nuova, la strada che fu aperta da Papa Gregorio XIII nell’anno Domini 1576 e fu sovrapposta, riprendendone il percorso, alla vecchia via Asinaria (o Asinara ) che partendo da porta San Giovanni arrivava quasi all’agro pontino.

 

E fino alle soglie del ‘900 la via Appia Nuova è stata la tipica strada dell'Agro: acquedotti, greggi, rari borghetti, casali, torri. Poi con il Piano regolatore del 1909 si inizia a costruire, prima timidamente , poi nascono i palazzi umbertini e, intorno al 1935 si da il via con lo sviluppo di tre borgate, ora quartieri , Ciampino, Quarto miglio e Statuario .

 

Dopo la seconda guerra mondiale con la ricostruzione si sviluppano gli insediamenti civili e commerciali dando alla via Appia il carattere attuale.

 

Bisogna parlarne a parte , ma anche l’Appia nuova racchiude piccoli gioielli della romanità che si affacciano sulla strada ( solo per restare vicini a noi, Torre del Fiscale ed il Parco delle Tombe latine ).

 

Per me, per tanti anni la via Appia iniziava da Largo dei Colli Albani, con il capolinea degli autobus ma soprattutto con la Pasticceria famosissima nel quartiere e finiva ai magazzini UPIM (meta delle nostre passeggiate da ragazzine sempre con i minuti contati ) o anche un pochino più avanti , al negozio di fiori ed al negozio dei maglioncini di moda. Di fronte la bella, multiforme, unica, Villa Lazzaroni che poi sarebbe divenuta tanta parte della mia vita professionale.

 

Più avanti ancora, a Ponte Lungo il liceo Augusto, una scuola famosa in cui hanno studiato in tanti e con il cui Preside, il prof. Benedetto Sajeva, tanti anni fa sostenni gli esami di abilitazione.

 

Inutile dire che tanti sono i ricordi suscitati anche da semplici negozi per un acquisto, una situazione particolare, un episodio che ha assunto un preciso, inaspettato significato.

 

La costruzione della metro A , di cui ben cinque fermate percorrono l’Appia ha fatto sparire il vecchio ,caratteristico “ tranvetto “ della STEFER ( chi ricorda che dove ora è il Centro commerciale Happio c’era il deposito della STEFER ?) ed una Associazione di commercianti , particolarmente attiva ,sfruttando la presenza di una grande e fornitissima libreria, sia prima che si chiamava TUTTILIBRI ,sia ora che ha cambiato nome , ed un cinema (che ora non c’è più ) ha promosso, grazie anche all’azione municipale ed al suo Assessore al commercio, la realizzazione del Centro Commerciale Naturale Appia News.

 

Cos’è un centro commerciale naturale? E’ l’area commerciale cittadina organizzata in un sistema per offrire merci, cultura, luoghi di ritrovo in uno spazio libero ( non interno come i centri commerciali al chiuso ) e per offrire occasioni di aggregazione e sviluppo.

 

Comunque sulla via Appia c’è tutto, ma proprio tutto, provare per credere

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IL QUARTIERE STATUARIO

Lo Statuario è uno dei quartieri a sud di Roma. Un quartiere che per molto tempo, in parte anche ora, ha rappresentato un’isola felice con i vantaggi della città ed i piccoli “ privilegi “ di un quartierino un po’ appartato ,calmo e tranquillo.

 

Si trovano indicazioni di una località con questo nome già a partire dal 1300 che sembra chiaramente indicare la quantità di marmi e statue che furono rinvenute in zona per la presenza di antiche costruzioni, tra tutte la villa dei Quintili, sito archeologico di spessore appartenuta ai fratelli Quintili, uomini colti, nobili, entrambi consoli, ricchi e famosi tanto da suscitare l’invidia dell’imperatore Commodo che si impadronì della Villa e ne fece un possedimento imperiale.

 

Le statue ornavano anche le costruzioni dell’ex borgata rurale Caroni dal nome dell’ingegnere che alla fine degli anni ’30 comprò i terreni, li divise in lotti e, con un mutuo ottenuto dal Ministero dell’Agricoltura di ( pensate un po’ ) 35 milioni iniziò i lavori per farne una borgata rurale con una costruzione centrale ( che serviva da casa ma anche da magazzino e da deposito ),ed intorno un terreno coltivabile.

 

negli anni ’50 del secolo scorso, superati vari problemi, i terreni divennero edificabili e vennero costruite le palazzine ed i villini per le abitazioni civili e lo Statuario si avviò a diventare un “ quartiere residenziale” .

 

le caratteristiche di quartiere residenziale ( e non solo dormitorio ) ci sono, area un po’ appartata dalle zone di traffico , anche se si affaccia sull’Appia Nuova, con una bella Chiesa , dedicata a Sant’Ignazio di Antiochia, costruita intorno all’anno 1956/57 e con all’interno pregevoli dipinti ed altre opere, che ancora oggi costituisce il principale centro di aggregazione per i residenti. Sono presenti le scuole ( nido, primaria, media e c’era un liceo che ora non c’è più ), ci sono i conventi di suore che danno un’aria di altri tempi all’agglomerato urbano, E’ chiaro che ci sono dei problemi e delle carenze, strutturali ed aggravate ora dai tempi un po’ difficili che stiamo attraversando.

 

Sono venuta ad abitare a Statuario nel 1977, appena finiti i corsi abilitanti post laurea ed in tempo per affrontare il concorso al Comune di Roma. Non ho avuto molto tempo per guardarmi intorno, l’ho fatto dopo, quello che mi colpì allora è stato il tram che collegava il quartiere con la città. Il tranvetto della STEFER che passava sull’Appia ed in 25 minuti ti portava alla Stazione Termini. A quei tempi si diceva” che vai a Roma ?” se ti vedevano ferma ad aspettare il tram. Sì Roma era ancora lontana ed a Statuario si manteneva l’abitudine un po’ provinciale di un piccolo borgo.

 

Poi si cominciò a cambiare ed io sono stata assunta ed ho iniziato a lavorare prima al Nido di quartiere che allora si chiamava con il nome della via e soffriva con i suoi inizi ( i nidi sono stati aperti a Roma nel 1975 ed il “mio “ è stato il primo insieme a quello di via Lusitania ) le sue prove , le sue sperimentazioni e le sue richieste sia dei genitori del quartiere che dell’amministrazione. Poi sono andata anche io in Amministrazione, negli “ uffici” , ed ho cominciato a vedere i problemi “ dall’altra parte “, quella di chi deve gestire ed a volte lo fa e bene ed a volte semplicemente non lo fa. Perché? i motivi sono tanti , io li ho sentiti e ragionati ed è per questo che molto e molti problemi li vedo con occhi diversi da quelli di altri cittadini. Per mia fortuna o mia disgrazia non ho visto tanto per vedere ma ho cercato di capire, di risalire alle cause e di spiegarmi la “ ragione sufficiente “ . E non sempre questa è una situazione premiante perché molti non vedono e non vogliono vedere,

 

Lo Statuario, oltre la Chiesa non ha o non aveva un vero Centro di aggregazione che potesse formare comunità, ora è stato costruito in via Siderno un Centro polifunzionale che, per causa Covid ( e altro e, senza nulla togliere ai problemi covid, io dico altro) non è ancora completamente funzionante, ma sembra, presto lo sarà. La storia della realizzazione di questo Centro risale a qualche anno fa ( 2008/2009 ? ) con l’esproprio di un’area privata utilizzata però dal quartiere dove c’era un piccolo campo di bocce ed era stata chiamata “ Punto amico “

 

L’area è stata poi acquisita con una convenzione redatta per la costruzione di un Istituto /scuola delle Suore proprietarie di gran parte dei terreni.

 

Negli anni successivi si sviluppano i progetti , le varianti con l’interesse e l’azione positiva dell’allora Presidente Municipale Fantino e del suo Assessore Francesco Morgia che si preoccupò anche, ad inizio lavori , di lasciare un accesso all’area di cantiere( ben compartimentato ) per permettere di dar da mangiare ai gattini randagi ,ed in parte , ma molto in parte, anche della sottoscritta che nel 2014 ( quanti anni !) scrisse alcune delibere per accertare ed impegnare altri fondi.

 

Il Centro polifunzionale assolverà alla sua funzione, sarà elemento aggregante ? forse ci vorrebbero altre azioni, ma speriamo di si’. In precedenza si erano provate altre strade, altri servizi ma, in buona o cattiva fede sono stati bloccati , forse se ricercassimo il perché si risolverebbero molti problemi. Individuare la causa significa trovare la cura o almeno la soluzione, non è vero ?

 

Ma, aldilà della coesione sociale , nel quartiere abbiamo altro, bellezze naturali ,antichi ricordi del tempo andato (,altri oltre la Villa dei Quintili ) ancora una natura verde ( da curare ) , un parco archeologico ed uno spirito di ricerca ( storia? unità? progresso ? cultura? Scienza ? umanità ? ) che continua ad esistere.

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IL QUARTIERE TORRE DEL FISCALE

Fino a poco tempo fa quest’area era la porta d’ingresso ( da sud ) del IX Municipio di Roma Capitale. Ora con l’accorpamento dei Municipi IX E X si trova quasi al centro del Municipio VII.

 

E’ un piccolo Quartiere, carico di storia, dominato dalle arcate degli acquedotti Claudio e Felice , che sono i più importanti, ma c’è dell’altro, ci sono altri ricordi , altre vestigia proprio di altri acquedotti, c’è una bellissima area verde e c’è la Torre del Fiscale dalla quale prende nome il quartiere.

 

La Torre, alta circa 30 metri , risale al XIII secolo, è abbastanza ben conservata anche se i piani interni non ci sono più, sono crollati. La Torre si trova all’incrocio dei due acquedotti, Marcio e Claudio . Era una torre di sorveglianza della via Latina e del Fosso dell’Acqua Mariana. Non conosciamo il nome originario ma quello attuale deriva da un suo proprietario del XVII secolo, un tesoriere pontificio, appunto un Fiscale.

 

Il quartiere è sorto spontaneamente, un po’pasticciato e senza piano regolatore, approvato solo nel 2001 ( ricordo in Municipio le riunioni e le discussioni di cittadini, tecnici e associazioni ) che cerca di dare ordine a case rurali, botteghe artigiane e palazzine residenziali.

 

Meritano un ricordo ed un elogio gli artigiani di via Anicio Paolino, anche il bravissimo tipografo che era un punto di riferimento per l’ufficio scuola municipale e tanti ,tanti manifesti, soprattutto quelli per l’ISEE ce li ha stampati gratis .

 

A rendere bello ai miei occhi questo quartiere è che qui c’era un medico bravissimo, (il mio medico di bambina che fino a pochi anni fa mi chiamava ancora “ signorinella “) una vera istituzione che conosceva tutti ed a cui tutti si rivolgevano con fiducia, ora il suo posto è stato preso da una altrettanto brava dottoressa che è anche la mia dottoressa . Una amica, una confidente oltre che un medico.

 

E poi c’è la Chiesa di Santo Stefano che riunisce i fedeli e poi c’è il vero gioiello del quartiere il Parco.

 

Il Parco è qualcosa di unico, Il progetto di recupero e di valorizzazione dell’area, è stato redatto dall’ex Municipio IX tra il 2004 ed il 2009 insieme alle Soprintendenze, al Parco dell’Appia Antica ed ai cittadini che tutti hanno voluto rispettare l’identità dei luoghi.

 

Nel Parco troviamo la natura, il paesaggio e ci vengono incontro i numerosi monumenti che ci raccontano secoli di storia. A rendere ancora più vivibile il Parco ci sono i Casali e due in particolare, due antiche costruzioni sono state recuperate, affidate ( non senza problemi ) ad una associazione locale e sono stati adibiti a spazi espositivi ( il Museo ) e ricreativi ( il Ristoro ) dove è possibile gustare una cucina tipica anche elaborata con i prodotti del Parco. Poi abbiamo altri servizi, area giochi, area cani , visite guidate ed altro ancora , Un punto vivo e vivibile.

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TESTACCIO

È il ventesimo rione di Roma ed è considerato l’anima popolare della Città. Il triangolo Trastevere, Isola Tiberina e Testaccio esercita un fascino particolare su Romani e Turisti, giovani ed anziani che trovano tutti, nei vicoli, nelle piazzette caratteristiche, nei numerosi locali( che erano gli antichi grottini scavati nella roccia per riparare le merci ) , trovano il modo di mangiare piatti della cucina romana ed occasioni per riunirsi. E’ il regno della movida ( purtroppo spesso anche malamovida ) . Ma il più particolare è proprio Testaccio e non basterebbe un trattato per descriverlo e raccontare le sue particolarità. E’ il regno della Inthellighentia, degli intellettuali e del popolo che proprio sul Monte dei Cocci , cioè la collinetta formatasi con i “ cocci i resti delle Testae ( le anfore ) che venivano “smaltite “( si fa per dire ) qui dal vicino porto fluviale, L’Emporium, hanno eletto la loro sede.

 

Centro del quartiere è la piazza, un tempo piazza MastroGiorgio ( da Giorgio Andreoli, vasaio del '600 , famoso per la tecnica del lustro ) ora piazza Testaccio che fino al primo decennio del duemila è stata sede del mercato rionale , ora spostato restituendo la piazza al quartiere e ricollocando , nella sua sede ( anno 2015 ) la bella fontana delle Anfore .

 

A Testaccio c’è l’ex Mattatoio che da luogo di dolore è diventato luogo di cultura ed è stato trasformato in Museo di arte contemporanea ( MACRO ) con belle sale riunioni che ci hanno ospitato spesso per vari progetti.

 

Ma a Testaccio c’è il cimitero degli Inglesi con le tombe di Byron, Keats, Shelley e la tomba di Emelyn Eldredge Story con la bellissima statua dell’Angelo del dolore, scolpita dall’inconsolabile marito. C’è la Piramide di Gaio Cestio e la Chiesa di Santa Maria Liberatrice dove tanti anni fa si sono sposati i miei genitori, infatti mamma era di Testaccio , nata a via Luca della Robbia quindi sono anche questi i miei luoghi, luoghi della memoria, del ricordo.

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IL PALAZZACCIO

 

OVVERO IL PALAZZO DI GIUSTIZIA 

Si trova a Piazza Cavour, nel Rione Prati. Per più di mezzo secolo è stato la sede del Tribunale, ora è la sede della Suprema Corte di Cassazione e del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.

 

E’ stato costruito in circa venti anni dal 1889 al 1911. E’ molto decorato , con uno stile un po’ pretenzioso, e questo unito ad un sentore di corruzione ed a problemucci vari e, non ultima, la particolare destinazione ( e frequentazione ) gli hanno fatto meritare quel nome di Palazzaccio con cui è conosciuto non solo a Roma.

 

Nonostante tutto mantiene un’aria grandiosa e severa e percorrere i suoi corridoi incute un po’ di timore. Ci sono stata circa due anni fa, con una mia amica, a cercare notizie su di una causa del nostro condominio. La solita causa condominiale, un ricorso in cassazione che secondo me ed altri non si doveva fare , non c’erano i presupposti ,ma che i soliti noti hanno voluto, hanno incassato ed amen non se ne hanno più notizie.

 

Abbiamo fatto colazione nel bello ed austero bar interno, poi ci hanno preso il documento , ci hanno dato il pass, abbiamo preso il numero e… vai. Nessuna notizia certa perchè nel condominio ci avevano dato un numero… sbagliato.

 

Però anche il Palazzaccio racchiude i suoi segreti ed i suoi gioielli. Durante i lavori di scavo per le fondamenta che dovevano essere forti visto il terreno alluvionale, sono stati trovati numerosi reperti archeologici tra cui il bellissimo sarcofago di Crepereia Tryphaena, che si scoprì era una ragazza di circa diciotto anni, ( vissuta nel II secolo d.C. ) e ci ha regalato un numeroso e ricco corredo e la sua magnifica bambola di avorio snodata in alcune articolazioni,

 

Queste meraviglie sono state spostate nei Musei romani, prima nel caveau dei Musei Capitolini, poi esposte nelle varie Mostre in tutta Italia e poi bambola e sarcofago si trovano alla centrale Montemartini mentre il Palazzaccio continua la sua austera vita di guardiano del diritto.

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IL TORRACCIO

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Credo proprio che questa strana costruzione cilindrica la conosciamo in pochi ,anche se la vediamo tutti. Uscendo da Roma, al 20 KM c. della via Appia Nuova, dalla parte sinistra c'è questa antica costruzione che risale ai primi decenni del primo secolo dopo Cristo. E' un sepolcro, di cui ci è rimasta solo la parte cementizia ma che, dalle nicchie esterne ( di cui c'è ancora qualche traccia ),doveva avere statue ed essere ricoperto da marmi. All'interno c'è una vasta camera sepolcrale con due nicchie. In alcune vecchie foto del primo novecento, quando la strada non era stata ancora allargata il Torraccio si vede in tutta la sua imponenza ( 10 metri di altezza e 15 di diametro ) ma ora sta un po' ai margini , coperto anche dalla costruzione che gli è addossata. Tornando a Roma , resta ( è ovvio ) a destra, prima del grande negozio di abbigliamento in cui credo si va in molti ed il Torraccio lo guardiamo ma non troppo.

IL DISCO DI FESTO

Chi lo ricorda? Cos’è? Un rompicapo, un po’ come il cubo di Rubik, solo che, se ti applichi, poi per il cubo trovi la soluzione, per il disco ancora no.

E’ un reperto archeologico che risale al 1700 circa a.C. è stato trovato in una città dell’isola di Creta, a Festo, nel sotterraneo di un antico palazzo minoico, ed è stato trovato nel 1908 da due archeologi italiani.

E’ un disco di argilla dal diametro di 15 cm, e riporta, su entrambe le facce una serie di iscrizioni a spirale. Sono 241 simboli, di cui 45 unici, si ritiene che siano stati impressi con stampini singoli quando la terracotta era ancora “ morbida “. Nel suo genere è un piccolo capolavoro ma cosa significano i simboli? ancora non si sa. E’ una scrittura? sono numeri? non si sa . Negli ultimi anni alcuni studiosi pensano che sia un calendario, ed infatti il portachiavi che ho comprato io a Creta qualche anno fa riporta il disco come un calendario.

IL disco vero è il secondo ed è conservato al museo archeologico di Heraklion che è la città più importante di Creta, la sua capitale.

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GLI EX VOTO

Mentre l’anima popolare che ancora c’è ma sembra quasi senza più ideali ed aspirazioni, ai giorni nostri, si manifesta sui social scaricando tensioni ed a volte rabbia con frasi ed espressioni pure inappropriate, un tempo, neanche tanto tempo fa, si rivolgeva alla divinità.

 

In particolare nel secondo dopo guerra ci si rivolgeva al Dio che ci insegnava la Chiesa, alle volte allo stesso Dio ma con risvolti tra il fatalismo ed il pagano e spesso si ringraziava con quelle che vengono chiamate edicole sacre, delle immagini divine poste spesso agli angoli di due strade e se si era particolarmente devoti si portava al proprio Dio un dono da collocare vicino l’edicola.

 

Spesso era un cuore d’argento alle volte anche parti del corpo , mani , braccia, gambe in miniatura a seconda di cosa era stato oggetto del “ miracolo “ o della richiesta a Dio.

 

Nel centro storico di Roma si contano più di 500 edicole sacre spesso dedicate alla Vergine Maria, tanto da essersi guadagnate il soprannome di “ Madonnelle “,ma anche in periferia troviamo ( anche se ora stanno scomparendo ) delle mura ricoperte di piccoli cuori in argento, altri “ doni “ e piccole lapidi votive con il nome del fedele e con la scritta P.R.G. ( per grazia ricevuta ). Appunto gli ex voto cioè il dono , la riconoscenza a seguito di un voto , una richiesta, una promessa.

 

E’ rimasto un muro simbolo carico di ex voto , ormai divenuto famoso, quello di largo Preneste, all’incrocio con via di Portonaccio a testimonianza di un passato di fede.

 

Ricordo anche un altro muro dove ci si fermava a pregare ed a guardare gli ex voto intorno ad una piccola edicola sacra . Il muro si trova in via Appia Nuova proprio di fronte ( cioè dall’altra parte della strada ) al liceo Augusto. Quando divenne troppo carico e, sembra, oggetto di atti di vandalismo molti, moltissimi ex voto furono tolti e portati in vari Santuari e sono rimasti pochi segni intorno all’edicola. Ci sono ancora.? I nostri occhi sempre più disabituati al divino di cui non abbiamo più esempi non lo vedono più ma passano, senza scopo , su strade vuote, su mura spoglie e su di un mondo fatto di parole inutili.

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LA PICCOLA LONDRA (ROMANA)

Non conoscevo questo quartiere e questa piccola strada, via Bernardo Celentano che si trova tra via Flaminia e via del Vignola. Ci sono capitata per puro caso e mi ha meravigliato il nome di Piccola Londra. Si arriva, si apre un cancelletto in ferro e si entra in un altro mondo. Non si respira aria inglese ma aria di ordine, di pulizia, di spazio organizzato. E’ nata al tempo del Sindaco Ernesto Nathan, un sindaco a cui noi romani dobbiamo molto. Nel 1909 uscì il piano regolatore voluto da lui per rendere Roma una città grande e cosmopolita, una città in cui ci fossero anche angoli protetti con villini non più alti di 24 metri, con cancelletti in ferro, piccolo giardino, portoni di legno, facciate colorate , una mini Londra . Ma fu solo un esperimento, nacquero queste case, destinate ad alti funzionari dello Stato e poi ? basta. Perché? Non lo so.

VILLA PAOLA A VIA MATERA

 Molto è cambiato in quel grande palazzo di via Matera 18, all’apparenza sempre lo stesso. Invece trovi l’università eCampus, l’Accademia del lusso, ed altro che non so e francamente non voglio sapere. Poi c’è anche la scuola. Il fatto è che era solo scuola. Scuola elementare, scuola media , scuola superiore ( Magistrali e liceo, classico ).

 

Era solo scuola e tutto il giardino era per noi alunne. Un giardino grande, misterioso, che , con il tempo si è assottigliato, con il tempo e con il bisogno di assicurare all’edificio ed al mantenimento della scuola le giuste cure.

 

Le insegnanti non erano tutte laiche, molte le suore, e molte ex alunne ricorderanno la Vice Preside , Madre Maria Altobelli. Una suorina piccola, magra, magra ma che incuteva timore a tutte. Era anche insegnante, latino ed italiano.

 

Il latino, allora si studiava, tutto anche la metrica, tutto meno Catullo, poeta latino sul quale si sorvolava ,” vivemus mea Lesbia atque amemus “, ma era forse l’unico poeta latino del quale noi alunne sapevamo tutto, ma proprio tutto.

 

Noi allieve entravamo dal grande cancello su via Matera ma non potevamo salire ( se non in casi eccezionali ) il grande scalone che si apriva proprio di fronte al cancello, A destra, invece, c’era la scaletta, una piccola scala dalla quale potevamo accedere, prima nella grande e bella Chiesa dell’ Istituto e poi nelle nostre aule, grandi, luminose, spaziose.

 

Quando sono stata abbastanza grande da andare a scuola da sola ( a quindici anni ) io prendevo l’autobus al capolinea, sulla Tuscolana, vicino la scuola Cagliero e scendevo a piazza Ragusa ,dove, non sempre, ma spesso mi aspettavano delle compagne di scuola con le quali , dopo aver attraversato la strada a destra e dopo esserci fermate ad ammirare la pubblicità del Ristorante di fronte, quella del Brandy SIS ( società italiana spiriti ) Cavallino Rosso ci incamminavamo per via Taranto e poi , dritte a scuola.

 

Non stavamo sempre a scuola, soprattutto negli ultimi due anni , almeno una volta a settimana uscivamo ed andavamo nei Musei nelle vie e nei quartieri di Roma. E’ vero la nostra classe era di pochi allievi ( da quattordici iniziali eravamo diventate dieci ) e per questa più coesa ed affiatata , ma proprio perché eravamo in poche , nonostante la scuola fosse parificata l’esame di maturità l’abbiamo fatto fuori sede.

 

Cosa ricordo ancora ? i viaggi , si con le suore ma in Francia, Spagna, Portogallo, dovunque c’era una Casa delle Dorotee.

 

E poi il tempo è passato, molte cose sono cambiate e non ci sono più. Cambiate come l’edificio della “mia “ scuola.

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PIAZZA SCIPIONE AMMIRATO

Durante la prima Giunta Fantino, quando l’Appio Latino era ancora il Municipio Roma IX e si progettava per fare e dare servizi ai cittadini, è stata riprogettata e riqualificata questa piazza che sembrava divenuta un grande parcheggio.

 

Guidati dall’idea di dare ai cittadini dei punti di aggregazione per riunirsi, socializzare, far giocare i bambini all’aria aperta si è pensato di pedonalizzare la piazza , di ripavimentarla , curare i bellissimi platani che davano ombra , inserire panchine , cestini e tutto quello che serviva per renderla funzionale.

 

Intorno all’anno 2008 ci si era riusciti ed anche noi guidate dai ristorantini che si affacciano e promettono un buon pranzetto, siamo andati a goderci lo spettacolo della piazza e dei suoi frequentatori, anziani, studenti, bambini in bicicletta, casalinghe, mamme con passeggini ed anche cani felici di giocare con i bambini.

 

L’idea delle piazze da vivere era diffusa un po’ per tutta Roma, non molte sono state realizzate e poi? poi sembra essersi spezzato l’accordo amministrazione / cittadini ed i cestini non sono stati svuotati, l’erba ed i fiori non sono stati curati e così la pulizia della piazza. Ma anche qui dei cittadini, dei volontari hanno adottato questi luoghi ed hanno cercato di preservarli. Ora come sta? è tanto che non vado , è tornato un gioiellino o l’amministrazione, quella per i cittadini è ancora lontana ?

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I SEGRETI DELLA VIA TUSCOLANA

 

(DALLA CITTÀ DEL CINEMA ALLA VILLA DI EINAUDI)

La via Tuscolana (non è una consolare ) è una strada medioevale che partendo da Porta San Giovanni unisce Roma a Frascati ma prima terminava a Tusculum ( da qui il nome ) antica città romana. E’ una lunga strada che percorre aree diverse divenute in seguito popolose e popolari e “ sfogo “ per insediamenti civili, attività commerciali ed altro.

 

Lungo la via si trovano ricordi e gioielli, Cinecittà , la città del cinema, nata negli anni 50/60 che , con il suo sviluppo ha contribuito a dare alla strada il suo assetto definitivo.

 

Vicino alla Città del cinema si trova il primo centro commerciale romano Cinecittà due,composto da circa duecento negozi ( in gestione ) .. lasciamo perdere visto che è stato un gran lavoro …

 

Proprio a piazza di Cinecittà l’Istituto Luce ora ospita la sede del Municipio Roma VII , lasciamo stare…

 

Nel dopoguerra tutto il quartiere intorno alla Tuscolana si ingrandisce e nel 1952 iniziano, opera dell’architetto Gaetano Rapisardi ( che progettò anche la piazza e l’area intorno) i lavori della maestosa basilica di San Giovanni Bosco.

 

Più avanti ,in questo territorio ricco di ricordi della Resistenza partigiana , troviamo il Casale e la torre del Quadraro, edifici romani , recentemente restaurati ed, in parte, adibiti a Centro anziani che hanno dato il nome al quartiere limitrofo.

 

Vestigia antiche si trovano a Monte del Grano, tra questi reperti venne trovato anche un grande sarcofago ,ora custodito ai Musei capitolini.

 

Dopo la salita del Quadraro ci troviamo a Porta Furba ( sembra da fures ladri , il posto era deserto ) che costituisce uno degli archi dell’ Acquedotto Felice, l’acquedotto voluto da Papa Felice Peretti , ossia Sisto V.

 

Un altro Papa, Clemente XII vi fece costruire la attuale fontana ( forse su progetto del Vanvitelli ) per far rinfrescare, in un luogo allora lontano dalla città , i viaggiatori.

 

Passata Porta Furba , proseguendo verso Roma ci troviamo di fronte ad un grande e caratteristico edificio, la scuola Cagliero , fu costruita su progetto dell’arch. Cesare Valle ed inaugurata ( tra pochi giorni ) il 28 ottobre 1936.

 

E’ inutile parlare della scuola Cagliero, grande bella, caratteristica, posta in modo da dominare due strade e la piazza , basta, la scuola è la scuola.

 

Ma di fronte alla scuola c’è qualcosa che molti hanno dimenticato , ma no, è la Banca d’Italia e più precisamente è lo Stabilimento del Servizio Banconote. I lavori, iniziati su di un’area di circa 110.000 metri quadri alla fine del 1962 su progetto dell’architetto Pier Luigi Nervi ci hanno consegnato questo edificio moderno sì ma ben inserito nell’area dell’acquedotto felice . Ora vi si svolge l’intero ciclo produttivo delle banconote. Ma dicevo , e sono sicura, pochi lo ricordano, dove ora è la Banca d’Italia c’era Villa Einaudi, sì la casa del Presidente della nostra Repubblica e già Governatore della Banca d’Italia ,morto nel 1961.

 

Ancora c’è chi ricorda Capi di stato italiani e stranieri ,uscire dalla Villa ed un alunno della Cagliero ricorda il Presidente Gronchi e la Regina Elisabetta uscire su di una Flaminia scoperta che sorridenti ricambiavano il saluto degli alunni della scuola Cagliero che sventolavano bandierine italiane ed inglesi.

 

Proseguendo , dopo il Ponte c’ è piazza Asti con la chiesa di Sant’Antonio e di fronte via Matera con l’imponente edificio delle Suore Dorotee . Lo dovevo proprio raccontare visto che è la"mia " scuola, la scuola che ho frequentato io .

 

E ce ne sono altri di segreti e misteri che sfioriamo quasi tutti i giorni percorrendo la strada , ma possiamo elencarli tutti con le loro storie ?

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L'IKEA

Intendo l’Ikea di Roma Anagnina.

 

E’ l’ultimo dei tre Centri commerciali autorizzati dall’allora circoscrizione X quando ero io responsabile del servizio commercio. Gli altri? Cinecittà due e la Romanina.

 

Ikea è il prodotto di una multinazionale svedese con sede principale a Leida, nei Paesi Bassi , cioè in Olanda , dove si pagano meno tasse e quindi molte Imprese trasferiscono lì la loro sede. Ha miliardi di fatturato e migliaia di dipendenti in tutto il mondo.

 

Il pezzo forte della vendita sono i mobili ed i complementi di arredo. Il nome deriva dalle iniziali del nome del fondatore e del suo villaggio di nascita. È nata nel 1943, in Italia è approdata nel 1989, non ad Anagnina, ad Anagnina nasce intorno al 1999.

 

Da Ikea si spende poco, si compra quello che si vuole e ce lo possiamo montare anche da soli. L’originalità, il segreto del successo è proprio questo, negozi simili a magazzini, pieni di scaffalature con mobili ed accessori che ti puoi montare da solo e ti danno l’illusione del risparmio, spesso vero anche se certo non trovi mobili di legno pregiato.

 

La pratica IKEA ci era arrivata dal Dipartimento VIII come le altre due, ( Cinecittà due e La Romanina ) si doveva aprire e bisognava espletare tutte le verifiche a tempo di record , ma è stato fatto , anche quello è stato fatto. Io sono andata via dalla Circoscrizione qualche giorno prima della inaugurazione , fatta anche questa in pompa magna , con il Sindaco ,l’Assessore i vari Direttori del Dipartimento e della Circoscrizione, e l’iter autorizzativo non concluso.

 

Questo dell’iter autorizzativo ballerino era ormai un classico, anzi l’apertura senza titolo autorizzativo sembrava diventata una costante e c’erano tante giustificazioni. La prima è quella che vige ancora adesso, “ LA BUROCRAZIA” . E’ vero, a volte ci sono atti che si ripetono , ma se provi a semplificare, gli stessi Soloni che parlano tanto si rivoltano e ti impediscono di agire , e poi… sembra far comodo a tutti impantanarsi un po’,

 

La Direzione IKEA prese una decisione, approvata da tutti. Assunse a tempo determinato , un anno, dei giovani del posto perché accompagnassero i clienti a visitare i vari stands e spiegassero le caratteristiche dei materiali e di tutto quanto esposto. Credo sia stata una buona idea, solo che poi i ragazzi non volevano andare via.

 

Adesso l’IKEA è una costante, è entrata a far parte del nostro vissuto, andiamo all’IKEA è una proposta naturale, qualche anno fa no.

 

Tutti quanti o no abbiamo in casa un mobile, un complemento d’arredo comperato all’Ikea ? Almeno un orologio da parete ? Sì, si quello l’ho comperato pure io.

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LA VILLETTA DI VIA DELLA STAZIONE TUSCOLANA

È un Ristorante di quartiere, per famiglie, dove la domenica si va a pranzo tutti insieme per far riposare le mamme, le nonne, le zie che per una volta ( a settimana ) si siedono con la famiglia senza pensare a servire in tavola, ai piatti da lavare, alla cucina da rigovernare.

 

E’ veramente una villetta vicino, vicinissima alle arcate dell’acquedotto Claudio. C’è un bellissimo spazio esterno che d’estate è sempre naturalmente fresco. Ora è coperto, ci sono le stufe, l’aria condizionata ( che non servirebbe ) e viene usato anche d’inverno. Io però ricordo quando il gazebo esterno, in ferro battuto era ricoperto da una splendida e lussureggiante vite americana che, in autunno illuminava il cielo con le sue foglie rosseggianti.

 

Si mangia bene? per noi sì. Ogni volta che andiamo in qualche altro ristorante, troviamo che alla Villetta la stessa pietanza ha qualcosa in più.

 

E sono anni ormai che, spesso la domenica, il pranzo si fa alla Villetta o, come per il lockdown, si ordina e poi il pranzo lo si va a prendere oppure viene consegnato.

 

Insuperabili sono le grigliate di pesce, le verdurine pastellate ed i dolci, quando il pasticcere lo fa, il profiterole è veramente unico. Se si deve star male, almeno per una ragione valida, per il profiterole.

Però qualche volta si è sagge e si ripiega sul sorbetto al limone o sulla macedonia col gelato.

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IL MANDRIONE

Quest’area urbana si trova al confine tra i due Municipi accorpati ( IX E X ) tra la via Casilina ( Pigneto ) e Porta Furba e prende il nome dai terreni che la attraversano dove venivano portate a pascolare le mandrie.

 

Il Mandrione da che ricordo io ed almeno a tutti gli anni ottanta non aveva una buona fama , veniva considerato un centro della malavita.

 

Dopo il bombardamento di San Lorenzo nel luglio /agosto 1943 vi si stanziarono gli sfollati che costruirono le loro Baracche sotto gli archi dell’acquedotto Felice e poi arrivarono i Rom (che si chiamavano ancora zingari) ed altre persone che non sapevano dove andare, che non avevano nulla e “ si arrangiavano “ in vario modo.

 

IL Mandrione come altre periferie romane destò l’interesse di Pier Paolo Pasolini che tra questa borgata, il Pigneto e Torpignattara ambientò il primo e forse uno dei suoi film più conosciuti “ Accattone “

 

A fine anni ’70 e poi negli anni ‘80, comincia il risanamento dell’area, Si realizzano progetti culturali e , con la scuola Cagliero di Largo Volumnia si opera per la scolarizzazione dei Rom. La scuola Cagliero è stata ed è una scuola, oserei dire modello, aperta al territorio che opera per un effettivo avvicinamento alla cultura e conoscenza di tutti i cittadini, in modo particolare quelli svantaggiati.

 

A poco a poco le baracche furono abbattute ( per evitare altre occupazioni ) e si costruirono palazzine , si aprirono negozi e numerose e valide botteghe artigiane . E poi arriviamo anche noi, IX Municipio con vari progetti culturali, di inclusione attiva.

 

L’azione municipale culmina nella “ Notte Bianca “ al Mandrione.( settembre 2009 )

 

I primi anni duemila sono stati la cassa di risonanza delle Notti bianche. La prima notte bianca a Roma ci fu il 27 settembre 2003 e fu qualcosa di grande, di partecipato. Partecipai anche io ( che non sono per carattere una festaiola , ma c’era il fascino della novità ) .

 

Ad un certo punto, per la marea di gente restammo bloccati sotto la scalinata dell’ARA COELI, forse era stato il balck out ? ( ci fu quella notte un grande black out ) non lo so ma riuscimmo a tornare a casa.

 

Le notti bianche continuarono per qualche tempo e noi scegliemmo il Mandrione , tre chilometri di eventi all’insegna di “ Meno paura,più cultura “, questa è la notte dei diritti in cui ognuno si sente partecipe e protagonista e si appropria del Mandrione, della Casilina vecchia e di Tor Fiscale.

 

E poi , in questi ultimi tempi ? cioè con l’ultima consiliatura ? Niente, Black out, per tutto.

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IL TEATRO ELISEO ED IL PICCOLO ELISEO

Sta destando sensazione l’annunciata vendita ( per 24 milioni di euro ) del Teatro Eliseo, teatro storico di Roma ( ed il più giovane ), Nasce nel 1900, era in legno e destinato ad ospitare gli spettacoli di varietà, poi invece ha acquistato forza e fama ed hanno calcato le sue scene attori famosi, bravi, i mostri sacri delle nostre scene.

 

Ho molti ricordi di molti spettacoli al Teatro Eliseo ma uno in particolare è rimasto come un sinonimo di bellezza, serenità, gioia di aspettare. E’ stato a Capodanno 2010, c’è stato uno spettacolo definito da tutti buono, con un buon attore Leo Gullotta, nelle Allegre comari di Windsor. La bellezza e la comicità del testo di Shakespeare, la gioia e le aspettative del Capodanno e la bravura degli attori ci fanno ancora ricordare quella sera.

 

Il Direttore artistico del Teatro sta rassicurando tutti, il Teatro rimarrà, c’è già una programmazione futura e la vendita non toccherà il destino e la vocazione del complesso. Speriamo di sì, che sia così perché non saremo privati di una sola “ risorsa “ culturale, ma di due , anche del Piccolo Eliseo , un gioiellino di 266 posti, che fa parte dello stesso complesso e che divenne presto il luogo deputato alle novità, ai giovani, alle sperimentazioni quando i giovani erano Patroni Griffi e Giorgio Strelher

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IL MISTERO DI COSTANZA DE CUPIS

A Roma e proprio nel Centro storico si incontrano spesso personaggi del tempo che fu che colorano le atmosfere della Capitale con le loro storie sfortunate e vagano per le strade, i vicoli, le piazze rendendole più affascinanti.

 

Costanza De Cupis era una nobildonna bella e affascinante, vissuta nel XVII secolo che abitava in piena Piazza Navona nel palazzo un tempo Pamphili ora De Cupis, con l’ingresso principale in via dell’Anima ma con uno secondario proprio su piazza Navona. Ed è dalla parte della piazza che si manifesta, nelle notti di luna piena la bella Costanza.

 

Era, abbiamo detto, molto bella, ma bellissime erano le sue mani. Di questa bellezza era orgogliosa e per questa bellezza era famosa tanto che di una delle sue mani le venne fatto un calco in gesso. Un giorno un frate vedendo il calco disse “ se questa mano è vera bisognerebbe tagliarla “. Questa espressione ferì Costanza che da allora preferì quasi non uscire più ,si rinchiuse in casa e passava il suo tempo a ricamare.

 

Un brutto giorno si punse con un ago. La ferita si infettò e per non far morire Costanza di setticemia la mano venne tagliata ma la nobildonna morì ugualmente.

 

Fu tanto il suo dolore che la notte continua a girare nel suo palazzo e , quando c’è la luna piena sono in molti a dire ad avere visto nella finestra che da sulla piazza la bella mano di Costanza.

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LA TORRE DELL'ANGELO

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Quasi soffocato dai palazzi, al numero 55 della via Latina, prima del Ponte della Ferrovia c'è un altro dei piccoli gioielli di Roma e del Quartiere Appio Latino, è la Torre dell'Angelo un monumento funebre in laterizio che risale al secondo secolo d.C.

 

E' un altro monumento che forse, senza pensare alla sua storia ed alla sua grandezza guardiamo tutti i giorni senza vederlo realmente.

 

Si tratta di tre camere sovrapposte con il soffitto a volta ed alle pareti nicchie che dovevano servire per delle urne. E' abbastanza ben conservata ma nel XIII secolo venne trasformata in fortilizio a presidio della via e poi, intorno al 1966, dicono gli esperti , fu oggetto di un brutto restauro che ne eliminò le sovrapposizioni medioevali che erano comunque divenute parte integrante del monumento.

 

Si ritiene che su di un muro di rinforzo venne dipinto l'Arcangelo San Michele ed a questo dipinto ( che ora non c'è più ) si deve il nome di Torre dell'Angelo.

LA PARROCCHIA DI SANTA MARIA AUSILIATRICE

 

( con l’oratorio e l’arena parrocchiale )

Si erge solenne e maestosa a dominare l’omonima piazza ed a guardare ( quasi sorvegliare ) la “sua “ via di fronte a lei, è la Parrocchia ( Basilica ) di Santa Maria Ausiliatrice che, con le due Torri campanarie poste ai lati, a me ha sempre ricordato la parigina Notre Dame.

 

Si lo so , le differenze ci sono, ma la “nostra “ Chiesa è certamente bella ed imponente. E’ stata consacrata nel 1936 ( è una Chiesa relativamente moderna ) ed alla consacrazione ha partecipato il cardinale Eugenio Pacelli ( allora Segretario di Stato, cioè il futuro Papa Pio XII.

 

L’interno è a tre navate con gli affreschi sacri e le statue degli Angeli e dei Santi. All’entrata due Angeli accolgono i fedeli reggendo e porgendo le acquesantiere ed uno , quello vicino al primo ingresso a sinistra io l’ho sempre considerato il “mio “ Angelo che salutavo e ringraziavo o gli rivolgevo la preghiera dell’ Angelo Custode. Sì io la Chiesa la conosco bene ci ho anche fatto la prima comunione e poi, anche quando ho cambiato casa ci sono andata ogni tanto a salutare.

 

Accanto e nel perimetro della Chiesa c’è l’oratorio dei Padri salesiani, riproduce l’ambiente educativo che Don Bosco desiderava ed è una gran buona scuola. Accanto ancora, staccato dalla Chiesa ma vicinissimo c’è il convento delle suore ( salesiane ) dove ho fatto la preparazione alla comunione. Ricordo le Suore , un po’ severe un po’ materne, il catechismo studiato tanto e poi il grande giardino dove andavamo a giocare, le piante verdi e gli alberi dai fiori bianchi, belli e buoni , sì buoni perché li mangiavamo. Erano forse fiori di Robinia ? Non lo so , per me bambina di otto anni erano “ le scarpette della Madonna “.

 

Un’altra particolarità aveva allora la Chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, alla sua destra un grande Cortile (?) ora m i sembra adibito a campo di pallacanestro dove c’era il cinema . L’Arena.

 

Non era raro trovare queste sale parrocchiali dove, in estate, si andava al cinema con tutta la famiglia ed il biglietto costava cento lire, poi , nell’intervallo era d’obbligo , per papà rifornirci di gelato ( il cremino ) e bruscolini.

 

IL 24 maggio la Chiesa, la Piazza e la via si animava e speriamo ( covid permettendo ) si animi ancora per la festa parrocchiale, croce e delizia delle colleghe del settore commercio.

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VIA DEL PIE’ DI MARMO

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Vie e vicoli di Roma, alle volte, hanno nomi strani, come questa strada del centro storico , vicino al Pantheon, a Campo Marzio.

 

Il nome lo prende proprio da un piede, un grande piede di marmo di circa 143 centimetri che, si suppone, sia quello che rimane di una grande statua ( forse alta circa otto metri, vista la grandezza del piede )e che forse era una statua della dea Iside il cui Tempio si trovava proprio nelle vicinanze.

 

Quante volte siamo passate vicino a quel piede, magari senza guardarlo ed invece avrebbe voluto raccontarci una storia di un passato splendente ?

 

Spesso guardiamo e non vediamo ma è più bello vedere , anche un antico piede di marmo che ci racconta la storia.

LA CASA DELLA DONNA IN VIA DEL GOVERNO VECCHIO

 

( 1976/1983 Palazzo Nardini )

E … poi… tutti i movimenti, un po’ tutti i movimenti, si adeguano, si uniformano, si affarizzano…

 

Se ora, come ora, pensiamo alla casa della donna ( o alla casa internazionale delle donne ) ci viene subito in mente il secentesco Buon Pastore di via della Lungara dove ormai le donne fanno di tutto ( imprenditrici, ristoratrici , bariste , bibliotecarie, libraie ,disc jockey , gestori di locali notturni ,organizzatori di eventi, affittacamere, albergatrici e via discorrendo) meno che tenere in vita i movimenti per la difesa ( o pardon) la liberazione delle donne, infatti per il martirio delle povere Pamela Mastrostefano e Denise Mariottini nemmeno una parola dei movimenti femministi.

 

Poi , in linea con “ l’Internazionalità “ abbiamo un'altra Casa delle donne Lucha y Siesta che preferisce definirsi un centro di autodeterminazione delle donne , un altro modo di vivere, scegliere e rapportarsi e soprattutto un centro antiviolenza. Si trova in via Lucio Sestio 10 a Cinecittà.

 

Questi spazi nascono tutti con una occupazione ed un progetto a cui segue un riconoscimento con ampie donazioni di soldi pubblici che ufficializzano l’utilità sociale .

 

Ma posso dire che il vero movimento che ha rappresentato una rivoluzione nell’universo femminile quando le ragazzine ( come me ) ragazzine sulle quali era ancora vivo il clichè casa /matrimonio / figli e il futuro lavorativo , la carriera, era ancora una meta si ammessa, ma un po’ vaga , quel movimento nasce dopo il ’68 ossia dopo quel fenomeno socio-culturale di una serie di movimenti di massa e dell’affermarsi di nuove ideologie di uguaglianza e futuro .

 

E la vera Casa delle donne rimane Palazzo Nardini di via del Governo Vecchio anche esso occupato ma senza progetto e senza soldi o forse con troppi progetti , pochi soldi e molte speranze. In questo bel Palazzo storico della seconda metà del XV secolo , posto al centro di Roma si insedia il movimento femminista nel 1976 . erano le ragazze che bruciavano i reggiseni e sfilavano in corteo cantando un po’ equivoco “ tagliamo tutto “ . tagliamo i legami ed i vincoli di un passato difficile. Tagliamo le tradizioni che ci relegano al secondo posto, tagliamo i pregiudizi ed un passato che non paga . E poi, se occorre, anche altro.

 

Il Palazzo fu sgomberato nel 1983 e più tardi venne assegnata “ alle donne “ la sede del Buon Pastore. Ne hanno fatta di strada le Donne ( e ne devono fare ancora ) ma non solo con i movimenti , che pure hanno collaborato, ma si sono “ adeguati “ ma con l’evoluzione sociale.

 

il Palazzo che doveva avere una nuova ,scintillante vita , è ancora in preda all’abbandono ed al consueto , tradizionale, nulla , un po’ come i movimenti ,un po’ tutti i movimenti , si adeguano, si uniformano, si affarizzano...

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LA PIMPACCIA ( Piazza Navona )

Ci sono a Roma una quantità di miti, di leggende e di misteri cresciuti e nutriti dai secoli di vita e di storia che la hanno caratterizzata. Molto appartiene ad un mondo che non è il nostro ma che forse vogliamo intravedere e sognare. Gran parte di quello che so su questo mondo lo devo alle belle passeggiate fatte per Roma, nelle sere d’estate, con una guida di eccezione, il prof. Roberto Quarta.

 

La Roma che ci appariva al tramonto con i suoi monumenti che emergevano dai colori del sole e si annidavano nel buio della sera ci portava in quel mondo irreale, dove tutto era possibile, anche il realizzarsi dei miti della Roma esoterica .

 

Ed in questa Roma popolata di sogni, di fatti, di dame e di cavalieri che non ci sono più, emerge lei, la PIMPACCIA, donna intelligente, furba, cattiva e potente, una delle protagoniste della Roma barocca del XVII secolo.

 

Parlare della Pimpaccia significa parlare di Piazza Navona, una delle piazze più belle e conosciute di Roma che ufficialmente fu fatta costruire la dove c’era uno stadio , lo stadio di Domiziano, da Papa Innocenzo X ( papa Pamphili ) ma dietro di lui c’era la sua volitiva cognata ( e dicevano amante ) Olimpa Maidalchini , amata ed odiata dal popolo tanto da affibbiarle, tramite Pasquino, quel soprannome di Pimpaccia ( dalla Pimpa , la protagonista di una fortunata commedia romana ).

 

Olimpia , giovanissima vedova sposò Pamphilo Pamphili di 27 anni più grande di lei ma fratello del cardinale che divenne Papa Innocenzo X. Ed Olimpia venne introdotta nella società romana, si dedicò a riorganizzare la città, almeno una parte, con l’aiuto di artisti del barocco e con l’aiuto di Gian Lorenzo Bernini che ci ha regalato anche la Fontana dei quattro fiumi.

 

Però la Pimpaccia cadde poi in disgrazia , fu allontanata da Roma e se ne andò con quattro casse di monete d’oro. Morì di peste poco dopo a San Martino al Cimino ma la leggenda e qualche testimonianza vogliono che non si sia mai completamente allontanata da Roma ed il 7 gennaio ( anniversario della morte di Innocenzo X ) ma anche in altre notti di plenilunio, Olimpia percorre piazza Navona su di una carrozza nera infuocata, guidata da un demone e trainata da 4 cavalli neri, che a grande velocità la portano a Ponte Sisto, lo percorrono e sprofondano nel Tevere per riportare la Pimpaccia che ride di scherno, all’inferno

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LA SALITA DEL QUADRARO

"A noi del Quadraro c’hanno messo in fondo

 

a ‘sta discesa per farci ricordare tutti i giorni

 

che entrare dentro Roma è ‘na fatica.

 

Che per diventare cittadini dell’Urbe

 

per noi è ‘na strada tutta in salita." (Ascanio Celestini)

 

salita del Quadraro o discesa del Quadraro?

 

E’ vero che è importante il punto in cui stai e da dove guardi ma , fino a poco tempo fa si parlava di discesa del Quadraro. E di discesa ho sentito parlare sul finire degli anni ’80 quando sono arrivata all’allora X Circoscrizione ed il Presidente Mario Rampazzi era impegnato ( tolti i binari del tram ) nella riqualificazione di quell’area che, allora, era considerata la porta d’ingresso della Circoscrizione ed il segnale della sua continuità con l’Urbe Preferiva parlare di discesa perché in quel termine vedeva la facilità di percorso, l’ingresso privilegiato in un Municipio che intendeva favorito dalla sorte , ricco , giovane , animato e problematico sì ma con tante, tantissime potenzialità.

 

Si parla di discesa anche su Roma sparita quando ci spiegano che , al posto dei binari del tram è stato costruito, secondo il progetto di quegli anni ottanta, lo spartitraffico con al centro un’area verde , la fontana, la cascatella ed una illuminazione ad hoc che faceva, soprattutto la sera, un grande e bello effetto segnalando ed delimitando una zona che si intendeva privilegiata.

 

Poi l’area non venne più curata, le luci sparirono, l’acqua della fontana e della cascata pure e così il verde

 

Ho sentito parlare , invece, qualche giorno fa ,in un video divulgativo un po’ nai f , un po’ così, per un’altra riqualificazione della stessa area ma fatta da chi sembra non conoscere la storia della zona, di salita del Quadraro che costituisce la porta d’ingresso del VII Municipio.

 

Io credevo che il VII Municipio iniziasse da San Giovanni , però chi doveva occuparsi del territorio e governarlo in uno di quei , video con i quali ormai si fa politica ,ha detto proprio così e sembrava ignorarlo .

 

E quindi salita del Quadraro. Salita riqualificata con piante verdi , alberelli a formare la scritta VII Municipio , ma non si è ripristinata la fontana e la cascatella che sono state , per anni , l’orgoglio del quartiere e dei Consiglieri di una volta che hanno formato il Municipio , anche se alle volte sono stati troppo condiscendenti con chi la Circoscrizione, il Municipio non lo conoscevano e non lo amavano proprio.

 

La salita o la discesa è un simbolo, il simbolo di un quartiere “ ribelle” ( ?) ma che di questa ribellione ha fatto un sinonimo di civiltà, di amore per la libertà.

 

Silenzio, assoluto silenzio per la pista ciclabile sulla stessa salita ( discesa ). Lascio i commenti agli esperti.

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SAN LORENZO

Altro che miei luoghi, San Lorenzo è il Quartiere dove sono nata e dove ho vissuto i miei primissimi anni, poi ci siamo trasferiti, ma ogni volta che sono passata di qua non ho potuto fare a meno di ricordare i miei giochi nel cortile del palazzo con gli altri bambini e con giocattoli , come si usava allora, non firmati ma semplici e fatti con le cose di ogni giorno. Un gioco che mi piaceva era costruire e trovare il Tesoro, cioè tanti piccoli pezzetti di carta stagnola colorata messi sotto un sottile strato di terra con sopra un pezzettino di vetro trasparente che assegnava al tutto il fascino del pericolo. Trovare un tesoro costruito da altri bambini significava essere bravi , se nessuno trovava il tuo eri ancora più bravo per averlo nascosto.

 

Ricordo un quartiere pieno di speranza , dopo tanti lutti, capace di pregare e ricordare con la celebrazione della Messa nelle sue vie.

 

Una cosa che non sapevo è che l’urbanizzazione dell’area è avvenuta sul finire del XIX secolo quando Roma, divenuta capitale, si avviò verso un grande processo di urbanizzazione. Prima, oltre le mura, c’era la campagna romana con il piccolo nucleo del Cimitero del Verano e la maestosa Basilica di San Lorenzo fuori le Mura . Poi venne costruito lo Scalo merci e per dar casa ai ferrovieri dello Scalo si costruirono i primi nuclei abitativi e così via , si è formato il quartiere. Nel 1930 si iniziò a costruire la Città Universitaria ed il quartiere acquistò più lustro . IL disastroso bombardamento del 19 luglio del 1943 ( destinato allo Scalo ma che colpì tutta la zona , Cimitero compreso ) segnò San Lorenzo e tutta Roma e rimase nella memori a collettiva anche se, chi subì il bombardamento, tipo i miei genitori, raccontavano cose diverse da quelle tramandate dalla storia.

 

E passano gli anni, si costruisce, tra i palazzi, l’orribile sopraelevata che quasi entra nelle case ed il quartiere, un tempo operaio e laborioso ( ricordiamo i marmisti nella zona del Verano ed i fabbri di via dei Reti ) si avvia a diventare il quartiere della “ movida “ spesso violenta e senza scopo, patrimonio di ragazzi quasi del tutto senza valori e senza ideali. Sono finiti nel nulla anche i” collettivi “studenteschi , quelli che volevano un mondo migliore e più uguale come quello sognato a via del Volsci da Nerina. E siamo arrivati nella San Lorenzo abbruttita e segnata dalle occupazioni, dalla povertà nostra e importata, dallo spaccio di droga e dal, martirio della povera Desireè.

 

Mi auguro un quartiere diverso, come anche una Roma diversa più nobile e giusta senza i blateramenti di una politica da strapazzo che non sa fare, non sa dare giustizia, non sa tutelare.

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PIAZZA DEL POPOLO

 

( vista da Rosati )

L’altro luogo clou dei tempi della mia adolescenza ( non luogo di ritrovo ma meta delle “passeggiate “ in centro , quelle che servivano per vedere le vetrine dei negozi di moda e trarre ispirazione ) era il bar Rosati a Piazza del Popolo . Anche adesso abbiamo mantenuto l’abitudine di andare, qualche domenica mattina a “ fare colazione “ da Rosati.

 

Seduti fuori , in attesa del cappuccino e dell’immancabile cornetto , ci si apre lo splendido scenario di Piazza del Popolo.

 

Una piazza posta ai piedi del Pincio, che ha tanta storia , resa così grandiosa in epoca napoleonica, sintesi, dicono gli esperti, di una stratificazione urbanistica, ed ora isola pedonale di circa mq. 16.000, con grande capienza ( si parla di 65.000 persone ) e sede di molti eventi, sia politici che culturali.

 

Una piazza la cui origine è un po’ controversa, ad iniziare dal nome, deriva da populus ( pioppo ) cioè dagli alberi del boschetto che circondava la tomba dei Domizi ( e dell’imperatore Nerone ) o dalla Madonna del Popolo venerata nella Chiesa di Santa Maria del Popolo ( ricca di bellissime opere d’arte ) posta a ridosso delle Mura e della Porta e fatta costruire da Papa Pasquale II nel IX secolo ?

 

Altre due Chiese adornano la Piazza , le Chiese gemelle, Santa Maria in Montesanto ( detta la Chiesa degli artisti per i numerosi rapporti con ,l’arte e perché molti artisti hanno scelto questa Chiesa per il loro congedo dal mondo) e Santa Maria dei Miracoli poste quasi a guardia e ad aprire la strada a strade famose e significative ( per Roma ) via di Ripetta, al centro via del Corso ed a seguire via del Babbuino.

 

Completano la Piazza le belle e maestose fontane , sulle quali lavorò anche il Valadier.

 

A far concorrenza a Rosati c’è, dall’altro lato della Piazza il bar Ristorante Canova, più Ristorante che bar e durante il giorno più caffetteria che bar.

 

Per Rosati e Canova solo poche parole , stile, eleganza , ottima cucina.

 

Lo scorso anno , dopo il forzato periodo di chiusura per covid , siamo tornati a piazza del popolo , ma l’abbiamo trovata, un po’…un po’ … spenta e disordinata, ecco. Molti di questi luoghi famosi e brulicanti di vita ,di eventi, di aneddoti e scelte, molti sembrano un po’ spenti, come una piazza del Popolo, sì isola pedonale, ma costellata di orribili monopattini , non sistemati in ordine, ma “ buttati “ sulla pavimentazione in un disordine che non è sintesi creativa di vita ma squallore, tristezza.

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IL CICLO DEL CAMPIDOGLIO

 

LA BUVETTE

Con oggi inizia un piccolo ,piccolissimo ciclo che riguarda alcuni punti di riferimento del luogo , il Campidoglio , che io ho frequentato spesso ( per lavoro ) scoprendono bellezze e misteri, sono :

 

1) La bouvette

 

2) La Protomoteca e le altre Sale

 

3) La Sala rossa e la Sala delle bandiere

 

4) Via delle tre Pile

 

Cominciamo con la “ buvette” cioè il piccolo bar adiacente l’aula Giulio Cesare , l’aula dove si svolge il Consiglio comunale.

 

Buvette è un francesismo infatti deriva dal verbo” boire “ ed indica proprio il luogo dove si somministrano bevande ed anche piccoli snack.

 

La buvette capitolina però non è un semplice bar o un luogo dove si va solo per bere un caffè, anche se il caffè ci sembra ( almeno a me è sempre sembrato ) più buono rispetto agli altri bar perché lo guardiamo con gli occhi innamorati della storia. La buvette è un luogo di incontro , di ritrovo , di dialogo , un luogo dove puoi trovarti gomito a gomito con il Sindaco , con il Segretario Generale o con il Direttore con il quale è difficile prendere un appuntamento per i suoi troppi impegni.

 

Possono andare alla buvette tutti coloro che frequentano, per un qualche motivo, il palazzo Senatorio. Io ci sono andata spesso. Prima delle riunioni operative alla Protomoteca o alla sala del Carroccio o durante le sessioni di bilancio , quando si aspettava la risposta alle nostre richieste e si doveva essere pronti a chiarire, se c’era bisogno di un qualche chiarimento. Aspettavamo nella Sala delle Bandiere , andavamo al bar o a vedere qualche meraviglia perché lungo i percorsi e i corridoi dei vari uffici c’era sempre da imparare.

 

Nella buvette , sembrerà strano, ma si respira la stessa aria magica che circonda un luogo così antico e famoso, un luogo che non riguarda la storia, ma è la storia.

 

Una piccola nota di costume, due o tre anni fa la buvette si è rifatta il look e sono stati inseriti i cibi vegani, al passo con i tempi.

 

Ha fatto scalpore a novembre dello scorso anno Carlo Calenda, appena eletto, che ha rimosso il cartello di divieto di fumo alla buvette (perché fumavano tutti in uno spazietto ristrettissimo ha detto lui) ora di cartelli ne hanno messi 5.

 

La buvette non è l’unico bar al Campidoglio , è forse il più comodo ma cosa dire della terrazza Caffarelli? La luxury location cioè la caffetteria panoramica nel cuore di Roma ? bella, bellissima, ne parleremo in seguito, ma non raccolta e “ sentita “ come la piccola buvette.

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IL CICLO DEL CAMPIDOGLIO

LA SALA DELLA PROTOMOTECA E LE ALTRE SALE

Aver lavorato al Comune di Roma ha avuto come nota positiva la possibilità che c’era ( e c’è stata ) di conoscere gli splendidi ambienti in cui sono dislocati molti degli uffici centrali.

 

Le Sale in cui avvenivano ed avvengono riunioni, conferenze, convegni, cerimonie ufficiali , riunioni operative sono molte e belle qui limitiamoci a due la Sala della Protomoteca e la Sala del Carroccio ( però voglio almeno nominare quelle di via della Consolazione , cioè la Cola di Rienzo e la Sala Gonzaga ).

 

LA PROTOMOTECA

 

Vi si può accedere dall’interno del Palazzo Senatorio o, arrivando a Piazza del Campidoglio, salire la maestosa scalinata del Vignola e passare dal Portico del Vignola. Si entra in questo mondo a parte dove il tempo sembra essersi fermato , dove quadri, arazzi, busti in marmo di personaggi famosi ci parlano di altre epoche , di altri problemi, di altre storie.

 

La Sala della Protomoteca ( raccolta di opere , busti, in marmo o in bronzo) come la conosciamo la volle papa Pio VII che nei primi anni dell'800 decise di arricchire gli arredi del Campidoglio con i busti di italiani celebri: ecco allora Leonardo, Dante, Petrarca, Michelangelo e tanti altri che hanno lasciato una traccia in questa città, e che in questo modo ancora oggi partecipano alla vita di Roma.

 

Adesso la sala sembra sia riservata all’ufficialità, a conferenze stampa, convegni, una volta era anche per gli incontri con il personale, per le riunioni di servizio. Dietro si apre la Sala della Piccola Protomoteca , che per noi era riservata alla preparazione dei grandi eventi ed alle riunioni con la Ragioneria Generale.

 

La SALA DEL CARROCCIO

 

Si entra dall’ingresso laterale del Palazzo Senatorio, quello da dove comunemente entrano gli addetti, a destra ci sono i vigili ed i commessi che controllano il badge e verificano gli appuntamenti ,a sinistra c’è la Sala del Carroccio ,chiamata così per la presenza dei resti del carroccio inviati come monito da Federico II di Svevia dopo la vittoria nella battaglia di Cortenuova  (1237) contro la  Lega Lombarda..

 

E’ una sala relativamente piccola che non ha la grandiosità della Protomoteca e dove ci spostarono per i convegni interni e le riunioni sul bilancio ed i progetti di produttività. Ci sembrava angusta , come oppressa dalle molte colonne che impedivano la visuale diretta , poi , però ti guardavi intorno e restavi rapito di resti delle colonne antiche, dalle lapidi , dalle iscrizioni che cercavi di decifrare , alle quali l’ambiente così raccolto dava un carattere intimo, più comprensibile, diverso.

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IL CICLO DEL CAMPIDOGLIO

LA SALA ROSSA E LA SALA DELLE BANDIERE

A guardia della cordonata che porta a piazza del Campidoglio , su in alto, ci sono due bellissime, antiche statue di epoca romana che si ritiene siano copie di originali dell’antica Grecia, sono i DIOSCURI ( figli o fanciulli di Zeus ) Castore e Polluce, divinità benefiche. Le statue sono state ritrovate al Ghetto intorno al 1560 e volute da Michelangelo ad abbellire la sua scalinata.

 

I Dioscuri osservano la bellezza e la gloria nel tempo e sul tempo di Roma e vegliano anche sulle magnifiche Sale che talvolta anche noi abbiamo la fortuna di attraversare.

 

Oggi primo gionro di primavera, ci incamminiamo verso la SALA ROSSA, la Sala dei Matrimoni e la SALA DELLE BANDIERE o la Sala della Giunta Capitolina.

 

La Sala Rossa si trova al pianterreno del palazzo municipale ,il nome deriva dal colore prevalente degli arazzi , dei dipinti, degli arredi così come la volle Michelangelo Buonarroti. Può contenere 20 persone sedute e 70 in piedi , vi si celebrano i matrimoni civili dal Sindaco o dai suoi incaricati ( assessori, consiglieri ) o da ufficiali di stato civile.

 

Ci sono altri luoghi a Roma per i matrimoni civili ma la Sala rossa è sicuramente la più suggestiva. Bisogna prenotare e chiedere permessi ,anche per un massimo di due automobili che arrivano sulla piazza del Campidoglio, ma ne vale la pena.

 

Nella Sala delle Bandiere si riunisce la Giunta ora Capitolina, fin dai tempi del Risorgimento ( 1842 ), Nelle vetrine sono custodite le bandiere, gli stendardi dei 14 Rioni , in cui era suddivisa Roma a metà '800, ed i medaglioni dei 22 attuali.

 

In questa Sala che è situata proprio dietro l’Aula Giulio Cesare, i funzionari , chiamati a riferire in Consiglio o nella sessione di bilancio aspettano il loro turno. Ho passato qui dei pomeriggi affascinanti e costruttivi . Nella sala delle bandiere si affacciano tutti , consiglieri , assessori ,deputati e sì, anche Ministri e…anche attori ed attrici. Mitica Sofia Loren venuta per un premio alla carriera , sempre bella ed affascinante ma che credevo un po’ più alta. Tra un incontro e l’altro e, nell’attesa ci si affaccia a vedere il magnifico panorama e , perche’ no? si va a bere un buon un caffè alla buvette.

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IL CICLO DEL CAMPIDOGLIO 

VIA DELLE TRE PILE

Con questo post si conclude il piccolo ciclo del Campidoglio un luogo a me caro, sia per la sua storia e la sua bellezza che per tutti i ricordi collegati al mio lavoro.

 

Perché via delle Tre Pile è un “ mio “ luogo ? Ma per il fatto che, appena assunta ed in attesa delle pratiche di rito sono stata assegnata proprio qui , in via delle Tre Pile, all’ufficio pensioni, che allora occupava un piano dell’edificio immediatamente a destra (salendo dalla cordonata di Michelangelo) e dopo il Portale che immette a Palazzo Caffarelli con il quale gli uffici confinavano.

 

Palazzo Caffarelli ora ospita i Musei Capitolini e la splendida Terrazza con bar e ristorante esclusivi dove si effettuano eventi che diventano unici proprio per la bellezza dei luoghi. Ricordo quando, fine anni 90 a curare l’organizzazione è stato “nientedimenoche” Gianfranco Vissani, che, in occasione di una riunione ci preparò uno splendido cappuccino.

 

La strada prende il nome dalle tre pentole che nel dialetto romanesco si chiamano “pile”, poste su di un trespolo all’imbocco della strada, e che ricordano l’emblema della famiglia Pignatelli, a cui apparteneva Papa Innocenzo XI, grazie al quale fu restaurato tutto il Campidoglio.

 

La via è famosa ( oltre che per aver ospitato me in un Campidoglio un po’ diverso, ridiamo un po’ ) perché nei tornanti che scendono verso piazza Venezia sono state trovate , nella seconda metà dell’ottocento , delle parti di Mura Serviane in tufo e forse delle antiche botteghe ora protette da una cancellata.

 

Non c’è niente da fare Roma riserva sorprese su sorprese.

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LA FESTA DI SAN GIOVANNI

Era ( è ) una festa di origini pagane, si celebrava il solstizio d’estate e si voleva celebrare la forza del Sole. Ma è ( era ) sicuramente una delle feste più care e più sentite dai romani. E’ la festa del 24 giugno, San Giovanni Battista., festa di religione, festa delle donne, festa di misteri,festa di grandi risa e grandi mangiate ( chi non ricorda le povere lumache ?)

 

La notte tra il 23 ed il 24 giugno la notte più breve dell’anno è la notte delle Streghe, la notte in cui si svelano gli inganni, si preparano i filtri, anche d’amore, è la notte delle donne sagge e sapienti, che vivono nella natura e per la natura. E’ in questo senso che noi del Municipio Roma IX che, un tempo arrivavamo solo ai confini di Piazza San Giovanni (che è del I Municipio ) celebravamo la Festa.

 

Lo spettacolo nella piazza, la processione, il mercatino era tutto del Municipio Roma I, a noi, nei Giardini di via Sannio, nel nostro territorio, invece, spettava la mostra/mercato delle donne artigiane, libere ed intraprendenti, volte al futuro. C’erano presentazioni di libri, dibattiti, conferenze, iniziative di qualità.

 

C’erano anche i luoghi ristoro, i ristorantini tipici e/o etnici ed i bellissimi fuochi d’artificio , quelli con la musica che accompagnava le “ fontane “ a cascata dei fuochi scintillanti. Tutti fuori le mura.

 

Si cominciava presto a lavorare alla Festa, perché, per avere più soldi preparavamo i progetti, con sempre maggiori iniziative e , li mandavamo a Regione, Provincia, Dipartimento cultura. Abbiamo anche provato i bandi europei. Ma il Municipio, allora, non avendo personalità giuridica ( come ora ), non poteva partecipare da solo ed il Dipartimento ( IL Comune) non ci ha assecondato .

 

E poi ‘erano i bandi per affidare le varie fasi, un bel lavoro insomma e poi , poi , piano , piano i soldi sono stati sempre meno e chi doveva avere idee e metterle in pratica, anche con pochi soldi , non c’era più, almeno nell’ex Municipio Roma IX.

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CECAFUMO:  il mercato Tuscolano III

C’è una piccola area sulla via Tuscolana, a destra, dopo la discesa del Quadraro, vicino via Lucio Sestio, dove si trovano un gruppo di case lunghe e strette, con il tetto spiovente, ad un solo livello, erano sicuramente delle stalle.

 

Quest’area ( con quello che rimane delle sue vecchie case ) era il quartiere di Cecafumo , chiamato così , si dice, o per la presenza di una osteria che aveva un camino che non tirava ed il fumo rimaneva dentro accecando gli avventori, o per la presenza dei fumi delle numerose botteghe artigiane che proliferavano in quella zona, ai margini della Città con intorno solo campagna.

 

Nel secondo dopoguerra però Cinecittà inglobò tutto e le caratteristiche un po’ campagnole del posto cessarono , ma non del tutto perché le case lunghe e strette ancora ci sono e così qualche bottega e, non si è perso neanche il nome Cecafumo che resta nell’idioma popolare , “ allora dove vai ? “ “ a Cecafumo “ con questo ci si riferisce al piccolo quartiere quasi Quadraro ma staccato da esso e, udite , udite ci si riferisce ancora al mercato coperto che, da sempre, incarnando l’anima del posto è stato chiamato Cecafumo,cioè il Tuscolano terzo. Cecafumo per antonomasia.

 

Sta lì , tra viale Spartaco e via del Quadraro, dagli anni cinquanta , è stato uno dei primi mercati coperti e, sul finire degli anni ottanta del secolo scorso, è stato restaurato , abbellito ed è stato il primo mercato romano ad avere le norme di sicurezza che gli hanno fatto guadagnare il certificato di prevenzione incendi .

 

Mi avevano da poco assegnata all’ufficio commercio della allora Circoscrizione ,mi avevano fatto mille raccomandazioni ed avevano allontanato le persone che dovevano essere allontanate , ma mi ritrovai con la grana del rientro nel mercato degli operatori , momentaneamente dislocati nell’area esterna.

 

Prima cosa , redigere la graduatoria degli operatori che, in base alla loro anzianità di esercizio avevano titolo a scegliere il posteggio e poi il controllo degli atti, delle licenze, l’aggiornamento e finalmente l’assegnazione dei posteggi che non è stata una cosa facile. Lo sanno gli operatori, lo sanno i colleghi Vigili urbani, lo sapeva Bruno Colonna, l’unico ispettore annonario rimasto ( poi fecero un altro concorso ) lo sapevamo io e le mie colleghe , ma ce l’abbiamo fatta ed il mercato, con i suoi circa 120 banchi, in prevalenza alimentari, ma non mancano anche altre tipologie, sta ancora lì e, mi dicono è uno dei migliori, per merce, per i prezzi , per la cortesia degli operatori. Io? Dopo le assegnazioni non ci sono più entrata.

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BAR PASTICCERIA DAGNINO – GALLERIA ESEDRA

Un altro luogo cult degli ex ragazzi ( come me ) era la pasticceria Dagnino ,una delle prime pasticcerie siciliane aperte a Roma , autentica succursale di quella di Palermo: Ci troviamo lo stesso stile e gli stessi imperdibili dolci , tra i quali troneggiano le cassate ed i cannoli.

 

Si trova in quella che dovrebbe chiamarsi ( dalle Olimpiadi del 1960) Piazza della Repubblica ma che a Roma è rimasta piazza Esedra , cioè la piazza che si trova all’inizio di via Nazionale, a due passi dalla stazione Termini e che abbellisce Roma con la Fontana delle Naiadi, inaugurata nel 1901 ed opera dello scultore Mario Rutelli.

 

La Pasticceria è all’interno della Galleria Esedra, costruita negli anni cinquanta ed un tempo fiore all’occhiello di Roma. Anche ora è bella, anche se confrontandola ai miei ricordi ,la trovo un po’ sciupata, ma conserva il gusto del tempo andato e della Roma quasi sparita.

 

La Pasticceria è stata inaugurata il 13 dicembre 1955 ed è presto diventata il luogo della colazione per signore bene e per gli studenti della vicina Facoltà di Magistero che, tra una lezione e l’altra , un esame e l’altro, soffocavano le paure nel cappuccino , nella zeppola o nel più prosaico cornetto con la crema.

 

C’erano e ci sono i tavoli all’aperto in Galleria , ma io e le mie amiche abbiamo sempre preferito sederci all’interno del locale per “ assaporare “ oltre al dolce anche i suoni ,i colori e gli odori di un luogo unico .

 

E’ vero , è un po’ che non ci vado ,( non si dice in Pasticceria ma da Dagnino ) devo ritrovarla e ritrovarmi con il desiderio e la spensieratezza di quando , come dicevano i miei nonni , avevo tutta la vita davanti.

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MAS MAGAZZINI ALLO STATUTO

Via dello Statuto n. 11 , quartiere Esquilino, praticamente Piazza Vittorio ( infatti c’era una entrata anche sotto i Portici).

 

Per anni questi Magazzini sono stati un simbolo della romanità, un negozio storico di circa 4.000 metri e 5 piani. Nato come negozio elegante per signore ricche che vi trovavano di tutto,( in molte cronache si ricordano gli splendidi lampadari di cristallo ) poi , a poco , a poco con il trasformarsi del quartiere Esquilino , anche MAS si è trasformato nel magazzino di tutti, dove si compravano stock di abiti e biancheria a peso ed un cappotto costava poco , poi con l’euro un massimo 12 euro.

 

Qualche volta ci sono stata anche io con mia madre, ma ho ricordi un po’ vaghi , colori, suoni ,risate anche grida ma un po’confuse.

 

Per anni si è parlato di crisi , per anni si doveva chiudere ad ogni momento ed invece , come l’Araba Fenice , MAS risorgeva dalle sue ceneri e, poi invece , a gennaio 2017 non c'è stata un'altra proroga e MAS ha chiuso davvero, i locali sono tornati alla banca proprietaria , il palazzo si presenta scuro ( ma dentro ci sono dei guardiani per contrastare le ormai inevitabili occupazioni ), il quartiere è anch’esso scuro e Roma si sente un po’ abbandonata, come le ultime clienti che avevano trovato qui un po’ del loro mondo.

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I NEGOZI STORICI DELL’ APPIO LATINO Via di Santa Maria Ausiliatrice 96 ZELIDE

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Da che ricordo io questo negozio di filati, di intimo, di biancheria e pigiameria c’è sempre stato in via Santa Maria Ausiliatrice, al numero 96 ed altri con le belle vetrine con i filati colorati, i vestitini da casa un po’ simili a quelli delle nostre nonne , ma pratici e funzionali che ci rimandavano un po’ al tempo andato e l’intimo di varia qualità.

 

Ci abbiamo comperato di tutto , la biancheria , o come andava di moda anni fa con le sottovesti di seta in parure, quei completini un po’ seri ,un po’ sfiziosi che erano tanto comodi e facevano elegante, soprattutto “ per andare dal dottore “. Devo dire che mia madre e mia nonna avevano un po’ il pallino della biancheria intima che doveva essere seria ed elegante soprattutto quando si andava dal dottore . Ora ?....

 

E Zelide, negozio storico , davvero, stava sempre lì ad aspettarci. Ora non ci sono più le signore di una volta, ma c’è la stessa cortesia, gli stessi colori , la stessa disponibilità ed anche le belle lane Borgosesia. Sapevo lavorare bene sia a maglia che all’uncinetto. Devo riprendere.

VIA FRATTINA

Dagli anni sessanta, insieme a via Borgognona ed a via Condotti ( che poi sarebbe dei Condotti ), è una delle strade dello shopping romano , a cui poi si unirono via della Vite, via della Croce e via Belsiana.

 

E’ una strada antica, collega via del Corso a Piazza di Spagna e molto probabilmente segue il corso di una via romana. Deve il suo nome ad un cardinale , Bartolomeo Ferrandino che aveva qui la sua casa, forse, o invece si chiama così dalla folta vegetazione che ricopriva l’area, vicino infatti, c’è via delle Fratte.

 

Quando ero adolescente e bisognava comperare o la biancheria intima o qualche bel vestito si veniva qui. Ma venivamo anche così per guardare delle cose belle , abitudine che mi è rimasta per un bel po’ di tempo e si veniva, con le amiche, a guardare le vetrine ( ma poi qualcosa si comprava sempre ) .

 

Ma allora, tanti anni fa, soprattutto il sabato , si usciva con mamma , si prendeva l’autobus 85, quello a due piani, al capolinea di via Tuscolana, vicino alla scuola Giovanni Cagliero , scendevamo a piazza San Silvestro ( dove c’era l’altro capolinea e, attraversata via del Corso , si arrivava da Giolitti agli Uffici del Vicario dove ci aspettava un superbo cappuccino ed un sontuoso cornetto, il danese.

 

Dopo colazione ci incamminavamo verso la nostra meta, via Frattina. Ci aspettavano le grandi firme, Si guardava un po’ tutto, ma la meta preferita era poi il negozio della Max Mara , al centro della strada , e Brighenti dove si ammiravano ( e qualche volta si comperavano ) i completini di biancheria, quelli belli con la sottoveste uguale , con i merlettini a tono , quelli “ per andare dal dottore “, aiutate da commesse gentili e preparate, alle quali un nostro cantautore, Gianni Meccia ( il cantante del Pullover ) ha dedicato una canzone.

 

Poi , con il passare degli anni , anche via Frattina, pur restando una magnifica strada del nostro centro storico, con negozi glamour, ha perso un po’ di smalto ed acquistato qualche sacchetto di spazzatura di troppo,ma anche lei racchiude i ricordi di fatti, azioni e storie che hanno caratterizzato molti di noi.

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BARBANTINI E LA CITTA’ DEL SOLE

Nel periodo in cui i nidi , pardon erano ancora asili nido , erano autogestiti ( ma non era vero del tutto ) uno dei vantaggi era che il materiale didattico lo comperavano le educatrici in base alle necessità effettive di chi doveva svolgere un programma a mezza strada tra l’assistenziale ed il didattico.

 

Solo che trovare un fornitore con i pagamenti a lunga scadenza del Comune di Roma e poi,un fornitore come lo volevamo noi, cioè il migliore, non era facile. A disposizione avevamo un budget di 500.000 lire a trimestre, non tanto ma neanche troppo poco , ed allora che fare?

 

Quando ero coordinatrice io, mi sono inventata di andare a comperare noi di rettamente i giochi ( e va bene lo facevano tutti ) ma di pagarli subito , farci fare la fattura , consegnarla in economato e poi , con santa pazienza , aspettare il pagamento per riavere i soldi. Solo che i soldi bisognava anticiparli. L’ho fatto un paio di volte ma poi … li ho chiesti in prestito a mio padre che, dopo una forte incertezza sul mio lavoro al nido , poi aveva cominciato ad apprezzare quello che facevamo e soprattutto la freschezza di un posto così schietto e sincero, la sincerità dei bambini.

 

Ed allora ,con i soldi andavamo , l’ho detto dai migliori ed allora i migliori erano Barbantini a via d’Aracoeli 9 , un posto grande un po’ buio ma che aveva giochi belli, famosi , indistruttibili e soprattutto eccezionali , i tabelloni didattici , i tricicli, le casette e tante tante altre cose. Non lo so se è ancora in attività ma era proprio un posto ideale.

 

L’altro nostro Tempio era la Città del Sole. C’è anche un negozio in via Appia Nuova, ma noi preferivamo quello in via della Scrofa ( vuoi mettere i fascino del centro storico di Roma ? ) . E ci perdevamo nei grandi saloni, tra i libri colorati e da colorare , tra i piccoli zoo ed i puzzle di tutti i generi . E’ vero i soldi non erano proprio pochi, ma noi avremmo voluto comperare tutto.

 

Poi tornavamo al nido e dopo ancora arrivavano i giochi e dopo ancora mi restituivano i soldi . per due volte li ho ridati a papà, ma in seguito quando provavo a restituirli mi diceva “ lascia perdere “non glieli ho dati più ,non so perché e lui non li ha chiesti ed il trimestre dopo mi anticipava le 500.000 lire senza fiatare, anzi quasi teneva il conto e mi diceva “ ma non dovete comprare i giochi? ”. Solo che, anni dopo , quando avevo già cambiato lavoro , parlando con un suo amico sulle lungaggini, la disorganizzazione e le tante cose del Comune di Roma che non andavano, lo sentii dire “ ma guarda un po’ , mia figlia lavorava al nido e se non glieli compravo io i giochi , ogni trimestre, a quelle creature con che cosa giocavano ?” grande Papà, io non ho detto nulla, ma lui è stato contento così con quel suo piccolo contributo ai nostri bambini.

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PIAZZA RAGUSA

Non lo so se è particolarmente bella e famosa, non lo so se ha monumenti e storie particolari da raccontare so, invece che ha fatto parte della mia vita, dei miei percorsi. So che per andare a scuola si passava di qua, anzi , l’autobus si fermava vicino al portico e spesso scendevo per percorrere il breve tratto rimanente con le mie compagne.

 

Ci incamminavamo verso via Taranto e si passava davanti ad un ristorante che esponeva una pubblicità che ci piaceva tanto quella del Brandy Sis Cavallino Rosso e quello che ci piaceva era il cavallino Rosso non il distillato di vino che nessuna di noi pensava di bere.

 

La piazza si è spesso ripresentata nei miei percorsi , anche oggi ci passo spesso e purtroppo anche lei risente dei tempi un po’ bui che ci stanno accompagnando.

 

Il giardino centrale sembra , al solito, abbandonato , i rifiuti che ci hanno colonizzato , stanno anche qui , il deposito ATAC , già oggetto di tante polemiche, e appetito da associazioni , ed onlus varie , il comune lo ha venduto ? NO, Si ? ci ha ripensato ? sembra sfaldarsi e deteriorarsi sotto la spinta di un tempo inclemente.

 

Sembra resistere il murales dell’artista italiano Lucamaleonte , dedicato a Totti , il capitano della Roma dipinto sulla facciata del deposito in occasione della presentazione delle nuove maglie della squadra della Roma firmate dalla NIKE. Ma forse un occhio allenato scorgerebbe anche sul murales segni di manutenzione mancata. Era il maggio 2014, quel dipinto fu una delle cose di cui mi occupai io , una di quelle leggere e divertenti ed anche se non sono una grande tifosa di calcio , ricordo con un sorriso le riunioni e l’incontro con l’artista.

 

La piazza resiste,noi resistiamo e continuiamo ad attraversarla tra un ricordo e l’altro sperando che Roma reagisca e passi il tempo del non fare.

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LA FELTRINELLI via Appia Nuova 427

La Feltrinelli : Libri e musica

 

Prima c’era un cinema, il cinema Diana dove tutti noi siamo andati a vedere qualche bel film con i genitori, i parenti o gli amici

 

Anni fa si andava al cinema il sabato o la domenica, raramente durante gli altri giorni della settimana ed il cinema Diana era uno dei più seguiti sulla via Appia Nuova. A via delle Cave c’era il New York , all’interno del quartiere il Trianon che allora era considerato poco , il pidocchietto di zona , ma il Diana no, era un’altra cosa. Poi però il Diana ha chiuso e nei suoi locali ha trovato ospitalità una libreria storica TUTTILIBRI che era già sopravvissuta a due sfratti , ma poi aveva riaperto proprio nei locali dell’ex cinema.

 

Era una libreria indipendente e popolare che sostenuta dal quartiere era riuscita a superare giorni tristi. Poi però non ce l’ha fatta più ed ha ceduto alla legge del mercato . Ma al suo posto non c’è l’ennesima tavola calda o l’ennesima jenseria, ma ha aperto un’altra libreria della catena Feltrinelli. Siamo nel 2007.

 

Ben venga ma fa parte di una catena. Si trova la stessa impronta, gli stessi libri, gli stessi temi di altri locali nelle altre zone di Roma . Non c’è l’impronta originale della libreria unica di quartiere, quella dove trovavi i libri di scuola, i libri scientifici , i romanzi ma che sembravano calibrati sugli abitanti della grande zona Appio latino di Roma.

 

Ancora adesso, se serve qualcosa di speciale, che non si trova ancora adesso ci diciamo “ ma vai da TUTTILIBRI “ e poi “ ah, è vero Tuttilibri non c’è più”.

 

Ora la notizia triste è che, sulla spinta della legge di mercato, ha chiuso una Feltrinelli , quella della Galleria Alberto Sordi e la nostra Feltrinelli ????

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HOTEL CAPANNELLE

E’ un post triste per me.

 

Non so quanto fa parte dei miei luoghi l’Hotel Capannelle , certamente ha occupato parte del mio tempo. Abbiamo cercato di risolvere, ottenere qualcosa per arginare il degrado di questa costruzione che nessuno qui ha mai sentito parte del quartiere, troppo grande, troppo diversa da un tranquillo, periferico ma storico quartiere di Roma.

 

Nell’area dove sorge l’hotel , anni fa avevano messo a dimora delle piccole piante di olivo, che poi erano cresciute ed avevano formato un tappeto sempreverde che impreziosiva il quartiere. Poi cominciarono a portare via le piante e circolò la voce che il terreno era stato venduto ed avrebbero costruito. Che cosa non si sapeva.

 

Dopo ,molto dopo, ed a seguito di congetture varie si seppe che in quella che era una bella area verde sarebbe stato costruito un Albergo di 250 stanze, mastodontico , a quattro stelle, francamente brutto e che con il quartiere fatto di villette e villini non c’entrava niente.

 

Mi ricordo le proteste, le assemblee in piazza con il Presidente della allora Circoscrizione ed i suoi consiglieri che francamente non hanno fatto una belle figura.

 

Un giorno , dopo un incontro con la cittadinanza il Presidente chiamò i funzionari e , facendoci vedere un cesto con dentro pomodori e lattuga ci disse “ vedete, oggi a via Polia ci hanno tirato questi, niente paura, stasera ci facciamo il sugo ed una bella insalata, abbiamo la cena pronta “. Un po’ squallido . Poi cominciarono le " chiacchiere " su chi sponsorizzava ed aveva interesse a questo albergo .

 

Comunque a forza di mediazioni e di promesse, le proteste rientrarono e si promisero ai residenti posti di lavoro in un Albergo che doveva assumere personale.

 

Niente di niente . A lavori finiti arrivarono ragazzi e ragazze chiaramente dei paesi scandinavi ( come la proprietà ) con qualche ragazzone di colore che faceva scena ( lo hanno detto loro )

 

L’albergo aprì e siamo andati avanti fino al 2020 , anno in cui si trasformò in Centro Covid. Centro Covid per modo di dire , perché gli ospiti , in quarantena, li trovavi dappertutto . Giravano come forsennati in bicicletta per tutto il quartiere, la notte uscivano a bere birra sulle piccole aree a verde che la mattina trovavi sporche, piene di cicche ,vetri e bottiglie e lattine messe in bilico. Proteste ( ogni notte schiamazzi e volanti della polizia ) , Centro Covid chiuso ,Albergo chiuso non manutenuto con quelle che erano aree verdi ormai ridotte ad aree con scheletrici rametti, vasi rotti, bottiglie rotte , muro rotto ed erba che cresce lungo i piccoli marciapiedi decorata dalla solita onnipresente spazzatura. L’albergo riapre ma non puliscono, l’albergo richiude e non puliscono , l’albergo riapre per ospitare i profughi ucraini ma non puliscono. Le timide richieste dl quartiere , i post su facebook sembra suscitino l’ilarità nei palazzi dell’amministrazione al grido “ deveno da schiattà” “ nun je dovemo da da soddisfazione “ e giù richiami a chi comanda nel e fuori l' hotel. Sarà vero? Purtroppo credo di sì .Eppure esiste il Regolamento di polizia urbana , esiste una ordinanza del Sindaco per la pulizia anche di aree verdi ( ex verdi ) private, esiste il pericolo d’incendio ( e noi abbiamo visto volare dalle finestre cicche accese ) ma niente “ dovemo da schiattà “ come tutti i romani in tutta Roma.

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LA VILLA DEI QUINTILI

Certo che ce ne sono di cose belle a Roma , ti guardi intorno e non finisci mai di stupirti.

 

Nel mezzo di quella che ti sembra una campagna giri gli occhi e ti trovi di fronte una delle più belle e grandi ville del suburbio romano, seconda solo a Villa Adriana a Tivoli. E’ la villa dei Quintili , immersa nel Parco Archeologico dell’Appia Antica , costruita intorno al 139 d.C. che si estende a partire dal V Miglio della via Appia Nuova con ingresso proprio sulla via Appia Nuova , anche se l’ingresso originario era sulla via Appia Antica vicino allo stupendo complesso di Santa Maria Nova con il quale quasi costituisce un unicum e che ora , dopo i restauri questo territorio pieno di ricordi del passato e del casale che ingloba parti romane, medioevali ed ottocentesche , viene adibito a punto di informazione turistica.

 

La Villa apparteneva a due fratelli, Sesto Quintiliano Condiano e Sesto Quintiliano Valeriano Massimo, da cui il nome di Villa dei Quintili. I fratelli discendevano da una ricca famiglia originaria di Alba Longa ed avevano ricoperto cariche politiche tra cui il consolato. Si racconta che le ricchezze dei Quintili avevano fatto ingelosire l’imperatore Commodo che nel 182 li fece uccidere accusandoli di aver tramato contro di lui. La Villa venne confiscata e divenne residenza imperiale.

 

Solo nel 1986 la Soprintendenza di Roma acquista i terreni ed inizia il restauro di quella che per vastità e bellezza era considerata una città, tanto da essere chiamata in loco Roma Vecchia.

 

La Villa è stata aperta al pubblico a partire dal giugno 2000 . Nel 2006 si restaura anche il Casale di Santa Maria Nova e nel 2010 il Ministero , la Soprintendenza romana , i Presidenti dei Municipi inaugurano la fine dei lavori di restauro di un nuovo percorso di visita a seguito del completamento del restauro e la messa in sicurezza degli ambienti di rappresentanza della Villa che comprende parti residenziali, sportive, servizi , ecc. E’ ovvio che gli scavi non sono completati. Chissà quali tesori nasconde ancora quel terreno.

 

Ogni tanto si organizzano delle visite guidate esplicative di quello che la Villa è stata e del suo grande messaggio di storia, ma forse bisognerebbe fare di più se, quando costruirono un complesso residenziale moderno proprio di fronte alla Villa, a Statuario, una signora proprietaria di un grande attico con vista sulla Villa, voleva far tagliare tutti gli alberi di pino che si trovavano intorno per poter ammirare, in libertà, lei ed i suoi ospiti , la Villa dell’Imperatore Quintilio.

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L’ISTITUTO LUCE

 

o L’Unione Cinematografica Educativa

E’ ancora un bell’edificio l’Istituto Luce , con tanta storia dentro ed è stato per questo che nel secondo dopoguerra non è stato praticamente toccato anche se ha subito incendi e qualche devastazione . A me dell’Unione Cinematografica Educativa ,istituita da Benito Mussolini nel 1924 , interessa sì, mi interessa la sua storia, la sua funzione ma mi interessa maggiormente la sede del mio lavoro per tanti anni.

 

Siamo sul finire degli anni settanta del secolo scorso ed in Circoscrizione ( istituita, come tutte nel 1972 e trasferita nel 1974 da via Tuscolana 173 a piazza di Cinecittà, appunto all’Istituto Luce ) ci si andava per gli incontri, le riunioni, i piani educativi, i comitati di gestione dei nidi. Nostro riferimento era l’ufficio scuola ma eravamo colleghe e si conosceva tutto, tutto quello che poi ho rivisto e percorso quando vi sono stata trasferita .

 

In un edificio che ancora risentiva dell’abbandono e della guerra era stato ristrutturato il primo piano , entrando a sinistra dove stava il Direttore amministrativo , il protocollo ed all’inizio l’ufficio economato e più avanti gli uffici della Presidenza. Invece entrando e dirigendosi verso sinistra sì, ma nel corridoio grande, ci sono sempre stati i Vigili Urbani,  ( allora c’erano e si vedevano e parlavamo pure ).

 

E poi i locali non aperti ,quelli dove non si doveva andare ma dove ogni tanto facevamo capolino , i grandi teatri di posa , le sale immense , le bellissime porte in noce e mogano con i cardini di ottone ancora lucente, che mi piacevano tanto.

 

Entrando a destra invece si andava verso l’anagrafico ( con entrata ed uscita anche indipendente ) e verso quello che diventerà l’ufficio commercio appunto il mio posto.

 

E’ vero che di trasformazioni nell’immobile ce ne sono state molte mano a mano che procedevano i lavori di ristrutturazione. I locali più belli? Quelli dell’ufficio tecnico.

 

I locali più glamour ? ma la prima Direzione in cui uno dei Direttori, l’indimenticabile dottor Sordini, fece dipingere la pareti di rosso pompeiano.

 

Il Direttore più Direttore di tutti ( almeno ai miei tempi ) che a tutti ha insegnato e tutti ha capito e supportato ? ma Egino Camillo.

 

E poi lo scalone posteriore che univa i piani e che quando direzione e presidenza sono state spostate ai piani superiori percorrevamo in fretta, in fretta. E poi il bar interno che il Presidente Medici fece aprire nei locali dell’ex Economato e che era una pausa ,una piccola pausa di serenità , ma poi è stato tristemente chiuso.

 

Una infinità di ricordi belli e meno belli , ma tanti , tanti, di luoghi, di persone, di fatti, di successi e gratificazioni ed anche di quelle che definivamo ingiustizie.

 

Peccato, ora solo ricordi .

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LA VELA DI CALATRAVA

Capolavoro o spreco di denaro pubblico ?

 

La Vela non è esattamente un mio luogo, è una di quelle iniziative che non si sa come definire e che , a noi dipendenti del Comune ci hanno colpito di striscio per le iniziative, le chiacchiere , gli stanziamenti di soldi pubblici, le accuse e le contro accuse e che, come cittadini ci hanno invece spiazzato per la trascuratezza , l’incapacità (?) o quasi l’ignavia del pubblico che dovrebbe essere di tutti ed invece è tuo ( forse ) ma non è mio.

 

Viene naturale, almeno a me, il paragone con la teca dell’Ara Pacis , la teca di Richard Meier che a botte di 20 milioni di euro ( non so quante ) ha sostituito, causa il furore americaneggiante dei nostri Sindaci ( io lo considero un errore di Rutelli ) la elegante, essenziale e lineare teca dell’architetto Morpurgo. La teca di Meier agli esperti, agli intellettuali sicuramente suggerisce un capolavoro, a noi poveri ignoranti del popolo ci fa pensare ad un ufficio postale poco funzionale.

 

Anche se la Vela di Calatrava è stata pensata e voluta dalla Università di Tor Vergata che vi sognava una città dello sport e doveva ospitare i mondiali di nuoto del 2009 io ci vedo molto della proverbiale ( per noi dipendenti comunali ) incapacità del Sindaco Veltroni che supera Rutelli nello stanziare 60 milioni di euro dei soldi nostri che diventano subito 120 e nel concentrarsi su di un architetto questa volta non americano ma spagnolo Santiago Calatrava .

 

La vela non viene finita per i mondiali, la colpa , dicono è del Sindaco Alemanno che se ne è disinteressato ( tipico della prassi politica incolpare sempre gli altri , mai un pochino, poco ,poco , di autocritica ) ed ora per finirla ( ma per fare che ? la città dello sport ? mah…………………..) ci vogliono sembra , solo per cominciare 660 milioni di euro ( sempre di soldi nostri ). Per smantellarla , come voleva fare Carlo Calenda , dobbiamo cominciare da 200 milioni, sempre di euro e sempre dei soldi nostri.

 

Diceva Calenda , candidato Sindaco , smantelliamo tutto e con il materiale recuperato ed i soldi portiamo la Metro a Tor Vergata.

 

Intanto il complesso è stato trasferito da Tor Vergata al Demanio e sono stati stanziati tre milioni di euro ( è superfluo dire dei nostri soldi ) per la sicurezza e la manutenzione. Ora si dice che il tutto , che cosa ? sarà ultimato per il Giubileo ( 2025 ) .

 

Io non sono una mente artistica , su questo sto con Calenda e mi auguro presto una nuova vita per questo capolavoro mai nato ma diventato presto rudere.

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I Pony della Villa Lazzaroni

Un vero racconto del cuore , il racconto dei lavoratori instancabili, che, come tutte queste categorie di lavoratori non vogliono nulla se non un po’ di affetto e di rispetto, i PONY.

 

I PONY DELLA VILLA

 

Più che una carrozza era un carretto , coperto da un telone colorato e trainato da quattro pony con i finimenti ed un pennacchio rosso sulla testa , ai lati altri due pony erano legati al carretto e dietro il settimo pony , anche lui legato al carro che trotterellava a cadenza con gli altri e si guardava intorno con un …modo che a me sembrava….. giocoso.

 

Non era raro incontrarli al mattino, quando andavo al lavoro e, o stavo già sull’autobus o mi passavano davanti proprio alla fermata del bus. A guidare il carretto era una signora o un ragazzetto che faceva schioccare nell’aria un frustino , fortunatamente senza toccare i cavallini che caracollavano con identico ritmo tenendosi al bordo della via Appia (Nuova ) , una strada già trafficata a quell’ora ma di un traffico che mi sembrava rispettoso per i cavallini.

 

Le loro mete erano Villa Lazzaroni , Villa Lais o altre Ville romane dove passavano le ore di sole portando a spasso i bambini. Era il loro lavoro e lo facevano con coscienza ed oserei dire con dignità.

 

Per lavorare nella Villa era necessaria l’iscrizione al Registro dei mestieri ambulanti, il famoso 121 TULPS , che uno dei governi disorganizzati ed arruffoni che si sono succeduti ormai da tanto , ha ritenuto opportuno abrogare ( per semplificare AhAhAh ) ed invece era utile , una garanzia alla dilagante cialtroneria attuale , e, poiché risiedeva nell’ex X Circoscrizione , la proprietaria dei pony , una signora, piena di dignità anche lei , è venuta da noi e ci ha raccontato la storia dei suoi pony che considerava suoi figli, che davano da mangiare a lei ed alla famiglia e meritavano rispetto.

 

Sono andata a vederli un paio di volte portando delle carote che hanno guardato chinando la testa davanti a me e poi guardando la “mamma “ che ha preso le carote ed ha detto, “le mangiamo dopo il lavoro “ ed i cavallini, obbedienti hanno di nuovo chinato e scrollato la testa , mi piace credere per ringraziamento.

 

Poi io sono andata proprio a Villa Lazzaroni , a lavorare all’ex IX Municipio e li ho rivisti per qualche tempo ,poi i “ miei “ pony li ho ancora casualmente incontrati ma li guidava il ragazzo e poi …mi fa piacere pensare che girino ancora nel verde delle ville romane trotterellando e giocando con i bambini.

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LA VILLETTA DI VIA DELLA STAZIONE TUSCOLANA

E’ un Ristorante di quartiere, per famiglie, dove la domenica si va a pranzo tutti insieme per far riposare le mamme, le nonne, le zie che per una volta ( a settimana ) si siedono con la famiglia senza pensare a servire in tavola, ai piatti da lavare, alla cucina da rigovernare.

 

E’ veramente una villetta vicino, vicinissima alle arcate dell’acquedotto Claudio. C’è un bellissimo spazio esterno che d’estate è sempre naturalmente fresco. Ora è coperto, ci sono le stufe, l’aria condizionata ( che non servirebbe ) e viene usato anche d’inverno. Io però ricordo quando il gazebo esterno, in ferro battuto era ricoperto da una splendida e lussureggiante vite americana che, in autunno illuminava il cielo con le sue foglie rosseggianti.

 

Si mangia bene? per noi sì. Ogni volta che andiamo in qualche altro ristorante, troviamo che alla Villetta la stessa pietanza ha qualcosa in più.

 

E sono anni ormai che, spesso la domenica , il pranzo si fa alla Villetta o,come per il lockdown, si ordina e poi il pranzo lo si va a prendere oppure viene consegnato.

 

Insuperabili sono le grigliate di pesce, le verdurine pastellate ed i dolci , quando il pasticcere lo fa, il profiterol è veramente unico . Se si deve star male, almeno per una ragione valida, per il profiterol.

 

Però qualche volta si è sagge e si ripiega sul sorbetto al limone o sulla macedonia col gelato.

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PORTA FURBA

Ora forse la maggior parte dei romani ( e non romani ) che gravitano nell’area la conosce come una fermata della metropolitana, la Metro A, Porta Furba Quadraro , situata sulla Tuscolana, nel popoloso quartiere del VII Municipio.

 

Ma Porta Furba è l’Arco di papa Sisto V , l’arco che si forma all’incrocio tra l’Acquedotto Felice e la via Tuscolana e risale alla fine del XVI secolo quando Papa Sisto, ( al secolo Felice Peretti ) ,per risolvere i problemi di approvvigionamento dell’acqua fece costruire un altro acquedotto, che prese il suo nome, secondo lo stile e le regole degli antichi acquedotti romani.

 

La Porta è Furba ma non è “ furba “ cioè intesa come astuta e scaltra , ma il nome deriva dalla “ corruzione “ di formae , termine con cui si indicavano gli acquedotti.

 

Accanto a Porta Furba c’è la pregevole fontana di Clemente XII, iniziata anche essa da Papa Sisto ma poi risistemata e forse riprogettata, nel XVIII secolo, addirittura dal Vanvitelli.

 

Porta Furba è stata , per anni, una delle porte d’ingresso ad uno dei quartieri “criminali “ di Roma, il Mandrione.

 

In quest’area urbana , un tempo confine tra due Municipi limitrofi , ora al centro del Municipio accorpato , dopo il bombardamento di San Lorenzo nel luglio /agosto 1943 vi si stanziarono gli sfollati che costruirono le loro Baracche sotto gli archi dell’acquedotto Felice e poi arrivarono i Rom ( che si chiamavano ancora zingari ) ed altre persone che non sapevano dove andare, che non avevano nulla e “ si arrangiavano “ in vario modo.

 

Dagli anni ottanta inizia il risanamento , si costruiscono palazzine al posto delle baracche, si aprono negozi e si installano attività artigianali a cui collaborarono parecchie persone che ho conosciuto. Poi ci fu la scolarizzazione dei Rom , grazie anche alla scuola Cagliero e si pensò a manifestazioni ed attività sportive e culturali tra cui la notte bianca del IX Municipio che aveva per fulcro Porta Furba e si snodava lungo il Mandrione.

 

Ora, come quasi tutta Roma la Porta, l’Arco di Sisto , sonnecchia e vegeta ,speriamo in un prossimo , bellissimo risveglio.

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LA SCUOLA GIARDINIERI

Dire Scuola Giardinieri , a Roma, ha un significato triplo.

 

Indichiamo la Scuola di formazione dei futuri Giardinieri , cioè di coloro che fanno belli e curati i Parchi, le Ville ed i nostri giardini, indichiamo la scuola elementare Giardinieri e la scuola dell’infanzia Giardinieri, tutte e tre le strutture si trovano in una strada bella, antica e suggestiva, via di Porta San Sebastiano n 2 .

 

La scuola di formazione dei Giardinieri

 

Nasce nel 1926 . Il corso di preparazione durava quattro anni, si offriva una buona istruzione teorico /pratica sulle tecniche di giardinaggio ed alla fine del corso gli allievi venivano assunti direttamente dal Comune ed iniziavano il loro lavoro nel Servizio Giardini. Dal 1975 , come da articolo 97 della Costituzione ( I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge [95 c. 3], in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.) si viene assunti solo per concorso pubblico ed allora la scuola Giardinieri è stata trasformata in un Centro di Formazione e Aggiornamento, sia per i dipendenti ( i Giardinieri del Comune ) sia per la cittadini.

 

La scuola elementare e la scuola dell’infanzia Giardinieri.

 

Il dimensionamento scolastico ( cioè la razionalizzazione e la programmazione della rete scolastica ) dell’anno 2001 ,ha rivisto, in parte, l’organizzazione delle scuole per cui la scuola Giardinieri ( insistente nell’ex I Municipio ) è divenuta parte integrante del complesso costituito dalla scuola Manzoni di via Populonia ( ex IX Municipio ) e se la scuola elementare ( statale ) dipendeva dalla Dirigente scolastica ,la scuola dell’infanzia ( comunale ) era ” nostra “ , con un nostro Funzionario educativo , nostri bidelli e la nostra organizzazione ( perché qualche piccola differenza tra i Municipi c’è sempre, pur nell’ambito delle regole generali )

 

La scuola Giardinieri è bellissima, con un parco stupendo ed , allora, anche ben curato, ed era frequentata da parecchi figli di VIP che spesso vogliono di tutto e di più.

In tutti gli anni che abbiamo tenuto la scuola Giardinieri , grazie anche alla pazienza ed alla bravura dei nostri Funzionari educativi

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LA TAZZA D’ORO

La casa del caffè al Pantheon

 

E’ un altro dei miei luoghi di adolescente, dove ci davamo appuntamento con le amiche, le compagne di scuola , per andare in “ centro “, il mitico centro di Roma, quello dei negozi di lusso, dei luoghi del potere , dei grandi alberghi e dei bar e ristoranti che facevano cronaca.

 

Ci si andava prevalentemente il sabato pomeriggio, quando però alle sette e non minuto di più si doveva tornare a casa . Ed era un luogo magico, a due passi da via del Corso e dal Pantheon, a via degli Orfani, una strada della Roma papale che prende nome dal palazzo degli orfanelli ,voluto da Papa Paolo III ed annesso alla Chiesa di Santa Maria in Aquiro.

 

Ci si andava il sabato pomeriggio nella mitica, antica torrefazione dalla miscela “ Regina del caffè “ aperta dal 1938 e poi divenuta anche somministrazione di uno dei caffè più buoni di Roma .

 

Noi ,ci andavamo non tanto per il solo caffè ma per la granita di caffè con doppia panna. Prendevamo il nostro bicchierino e, poiché non c’erano ( e non ci sono ancora ) tavoli al bar , via al Pantheon, dove un posto a sedere per gustare la granita in una delle piazze più belle del mondo , lo trovavamo sempre e poi, di nuovo alla tazza d’oro per lasciare i bicchierini nel loro cestino. C’era ancora un po’ di educazione e rispetto per Roma.

 

Ora la Tazza d’oro è frequentata da molti stranieri e, verso sera da molti romani, persone già anziane, pensionati che, in barba a cardiologo , internista e diabetologo si gustano la doppia panna , così, una tantum, e mi auguro che anche loro tornino a lasciare il bicchiere nel cestino del bar.

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IL TRAMVETTO

La rete tranviaria di Roma si compone , adesso, di sei linee, delle quali mi dicono ,in molti, la più conosciuta ed usata è la linea 2 che va a piazza Mancini e piazza del Popolo.

 

Ma , anni fa , dal 1935 al 1980, il tram era il mezzo migliore e preferito per spostarsi a Roma e fuori Roma, ai Castelli per esempio. La STEFER ancora non esisteva , era la STFER ma il deposito tram fu , da subito, quello di via Appia nuova 450, che non era solo deposito ma anche officina.

 

Le linee dei Castelli erano fondamentalmente due, Termini / Capannelle e Termini /Cinecittà per le quali fu anche predisposto il tram articolato , quello con lo snodo ruotante , la vettura 400.

 

Visto dove abito ( senza nulla togliere a Termini /Cinecittà ) la linea di cui voglio parlare è Termini /Capannelle, anche perché ,per i primi anni in cui sono venuta ad abitare qui ne ho usufruito anche io. La fermata del tram era quella sull’Appia, la via Appia nuova, vicino La Chiesa di Sant’Ignazio di Antiochia e poi, scorrendo sui binari si arrivava a Termini in venti, al massimo venticinque minuti. Magia dei binari.

 

Poi nel 1980 il tram , il tramvetto per i locali, fu soppresso , c’era la metro ( che qui però non arrivava e non arriva ). E’ rimasta , a segnare la fermata del tram , una vecchia , traballante, pensilina per la quale, ad ogni inizio di consiliatura locale si sfoderano grandi progetti di riqualificazione.

 

E il deposito ? anche quello ormai non c’è più . C’ è …….indovinate ? un Centro commerciale l’Happio Happio. E’ meglio ? Mah….

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LA CASINA DEL CARDINALE BESSARIONE

Sembra proprio che questo pregevole edificio che può essere considerato la più antica villa romana del Rinascimento e si trova nel tratto urbano di via Appia Antica presso l’antico bivio della via Appia con la via Latina, ora via di Porta San Sebastiano, con il Cardinale Bessarione c’entri ben poco.

 

Basilio, o Bessarione era nato a Trebisonda nel 1403 da una famiglia numerosa e bisognosa e fu portato prestissimo a Costantinopoli dove studiò e si distinse come uno stimato filosofo ed umanista bizantino. Stimato dall’imperatore Giovanni VIII, Paleologo , intraprese la carriera diplomatica e religiosa. Si trasferì a Roma, ma viaggiò in tutta Italia e divenne Cardinale. Aveva una sua casa a Roma in un palazzo in via Santi Apostoli ( ora inglobato nel Palazzo Colonna ) e nella Casina non c’è traccia di un suo passaggio, non un richiamo, uno stemma o altro.

 

Però forse è vero che era un rifugio suburbano del Cardinale , grande studioso che forse si recava in questa villa per ritrovare una sua tranquillità.

 

La Casina , ampliata e riorganizzata più volte si compone di un piano seminterrato ( con una grande cucina ed un bel camino ) ed un piano nobile ( dove si trovava l’appartamento del Cardinale) , ci sono bei dipinti e decorazioni ed una bellissima Loggia . Al di sotto, nelle fondamenta, hanno trovato strutture sepolcrali del I secolo a.C. e pregevoli mosaici ( inglobati nella struttura).

 

L’edificio, espropriato dal Comune nel 1926, è stato completamente restaurato tra il 1951 ed il 1969 ed arredato con mobili e suppellettili rinascimentali.

 

Quando si andava alla scuola Giardinieri ( quella dell’infanzia ) inevitabilmente ( ma con una piccola deviazione nel bel giardino ) si passava davanti la Casina e, quasi sempre , un addetto ai luoghi che organizzava e puliva l’esterno , ci raccontava episodi collegati all’edificio . Si può visitare, ne vale la pena, è aperta tutti i giorni , ma bisogna prenotare, 06 0608.

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IL BAR DI PIAZZA CANTU’

Ed anche questo, ormai , è diventato un ricordo. Un ricordo a volte vivo, a volte sfumato, nebuloso, come solo sanno esserlo i ricordi di un passato che si allontanano da noi e che cercano una loro nuova collocazione , quasi li aspettasse una nuova vita in cui noi non ci siamo più.

 

Prima era il caffè Cantù, poi l’Antico caffè Cantù, ora è Pasticceria, gelateria, Tavola Calda, Arancineria e tante altre cose ancora.

 

Ma per molti, almeno per i più anziani è rimasto il Caffè di Franco Franchi, il comico di tanti film un po’ così, di cassetta, quelli che fanno presa sul pubblico, ma spesso non sono opere d’arte se non quando chi li interpreta ci mette la sua anima , il suo essere vicino, come lui, alla gente nella quale si riconosce. E’ stato questo il “ merito “ di Franco Franchi, nato poverissimo , con tanti fratelli , muratore ed altro da bambino , che non ha disdegnato, per mangiare, anche qualche furtarello. Così ci raccontano nella sua biografia. Poi il successo , i soldi e l’apertura di questo bar che era un simbolo, una meta , la personificazione di quello che aveva raggiunto.

 

Non era raro vederlo seduto ad uno dei tavoli esterni, a guardare lui la gente che passava, a regalare un sorriso e spesso un caffè a chi lo riconosceva come è successo talvolta con noi che, prima delle otto del mattino, passavamo davanti al bar per andare al lavoro. Con fare serio ci chiedeva notizie del nostro lavoro, ci chiedeva se eravamo contente, se guadagnavamo abbastanza e ci diceva che eravamo fortunate , che avevamo uno scopo, che eravamo utili alla società.

 

E’ bello ricordarlo così, uno di noi, uno che ha sofferto , che è diventato un attore conosciuto, ma è stato anche accusato con una accusa, l’accusa di mafia, che , dice il figlio lo ha fatto morire.

 

Ha rubato, piccoli furti , per fame, solo per fame, lo diceva anche a noi. Ricordiamolo seduto al suo bar ( da cui sono state tolte le foto che giganteggiavano all’interno ) , un attore che forse poteva anche non piacere, che faceva film di cassetta , ma l’uomo no, l’uomo è un’altra cosa.

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LE MARIONETTE DEGLI ACCETTELLA

Ecco un’altra delle storie che tutti conoscono ,ma in pochi ricordano e cercano . E’ la storia della famiglia Accettella, una famiglia di artisti ai quali dobbiamo il Teatro dei bambini ,il teatro delle Marionette, il teatro delle famiglie , ora il teatro Mongiovino alla Garbatella.

 

Iniziano subito dopo la guerra ( la seconda guerra mondiale , anni 1945/47 ), lavorano in un Teatro al Pantheon , ed hanno subito successo . Le loro Marionette sono un po’ diverse dalle solite, forse un po’ più umanizzate, ma portano sul palcoscenico la vita dei bambini mescolata al sogno ed al magico.

 

Vanno nelle scuole, organizzano laboratori e ,negli anni ’80 li invitiamo anche noi al Nido di via del Calice ( ora il Trenino ).

 

Nel 1986 comprano e riorganizzano il Teatro Mongiovino in via Giovanni Genocchi alla Garbatella e sono ancora lì con le loro scene, i loro attori veri e di fantasia ,i loro laboratori per le famiglie e le scuole, i loro sogni.

 

Orario ? 16,30 ed il 31 ottobre ed il 1 novembre in scena un successo di Alessandro Accettella, “ la storia di Jack Lanterna “.

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SANTA MARIA IN TEMPULO

Alle pendici del Celio, in via Valle delle Camene, una strada che ripercorre l’antico tracciato iniziale della via Appia si trova una Chiesa ,ormai sconsacrata ma che , acquisita al patrimonio comunale e ristrutturata dal Sindaco Rutelli è ora un luogo privilegiato dove si celebrano i matrimoni civili. Quindi non più e non solo la Sala rossa ,che comunque racchiude la suggestione dl Campidoglio.

 

Altra Sala Matrimoni che per noi che abbiamo lavorato nell’ex Municipio Roma IX era motivo di orgoglio e siddisfazione, era la Sala di Villa Lais . Ora che fine ha fatto ? La tendenza delle successive consiliature a cancellare, a chiudere , quasi a rinnegare tutto quello che ha avuto un discreto successo ed un consenso da parte della cittadinanza ha fatto sparire Il tempo della non scuola, il gruppo di coordinamento edilizia scolastica, la locandina delle attività culturali, il centro famiglie di Villa Lais e molto altro.

 

Quella di Santa Maria in Tempulo è una Chiesa antichissima, forse del VI secolo e, quando è nata era dedicata a Sant’Agata. Forse il nome tempulo deriva dal fatto che fu costruita sulle rovine di un templum romano di cui si hanno ancora dei segni.

 

La Chiesa ed il Monastero limitrofo fu attivo fino al XII secolo, poi nel XIII secolo per disposizione di Papa Onorio III( 1215 ) le suore vennero trasferite nel vicino monastero di San Sisto Vecchio , portarono con se’ l’icona della Madonna che aveva dato il nome al Monastero e divennero il primo ordine delle suore di clausura .

 

La Chiesa così abbandonata subì alterne vicende ,divenne abitazione,poi studio artistico e poi fu acquistata dal Comune , restaurata e adibita a Sala Matrimoni.

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LA MADONNA FIUMAROLA

Domani è il 16 luglio , in genere è in questo giorno l’inizio della Festa de noantri a Trastevere. E’ anche il giorno in cui la Madonnina , che protegge i Trasteverini esce dalla Chiesa di Sant’Agata con un nuovo bel vestito cucito dalle pie donne e viene portata a benedire il quartiere.

 

Nel lontano 1535 dei pescatori trovarono nel fiume Tevere un pezzo di legno di cedro, poi si accorsero che era una Madonnina scolpita nel legno e la portarono nella Chiesa di san Crisogono e solo in seguito fu trasferita a sant’Agata. Iniziò così il culto della Beata Vergine del Carmelo come fu chiamata in seguito e poi il suo culto si diffuse in tutta Roma .

 

Il clou della cerimonia della Festa de noantri è la processione della Madonnina sul Fiume Tevere trasportata su di un gommone dei carabinieri e seguita dai fedeli che pregano per la Città ed il mondo. In genere la processione si tiene il 27 luglio e chiude la Festa.

 

Qualche anno fa mi chiamarono in Primo Municipio a presiedere la Commissione che doveva esaminare i progetti delle varie Associazioni che avevano risposto al Bando per organizzare la Festa. Era parte del mio lavoro e seguimmo la solita routine , esame requisiti ,titoli, progetti, criteri , attribuzione punteggi,classifica ,graduatoria.

 

Tutto normale ma il punto bello e suggestivo è stato verificare sul fiume il percorso della processione. Non sarebbe stato proprio necessario ma ….è chi lo dimentica più! Non c’era la Madonna ma si sentiva nell’aria profumata il suo influsso e le persone a riva e sulla strada vedendo anche la prova si fermavano a pregare , per la Città ed il mondo . Oggi più che mai è necessario.

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A P P I O III

(il mercato di Colli Albani) Chi ci salverà dal degrado ?

 

C’era una volta, nel secolo scorso , un mercato vivo ,colorato , luogo di incontro , di scambio ,di contrattazione ,di coesione ed aggregazione cittadina, che aveva funzioni economiche e socio culturali per la grande forza attrattiva che esercitava sui residenti del quartiere che andavano a cercare e trovavano di tutto , persino il latte della formica, come si dice a Roma, quando si cerca una cosa difficile ed introvabile e si vuole lodare l’inventiva e la carica del venditore.

 

Il mercato si trovava in via Genzano , che allora era in periferia , una periferia attiva ma periferia, con tutto da costruire mentre Roma cercava di espandersi.

 

I mercati rionali sono stati da sempre importantissime realtà di vendita diretta e da sempre si è cercato, con più o meno successo di organizzarli al meglio.

 

Ma a via Genzano i banchi erano tanti, la via stretta e spesso l’allegria cedeva il posto alla necessità ed alla concorrenza un po’ spinta , per questo negli anni ’70 il Mercato è stato spostato in un’area più grande , piazza dei Castelli Romani tra largo dei Colli Albani ed Arco di Travertino. E’ diventato di diritto l’Appio III, dopo l’Alberone ( l’Appio I ) e il mercato di Largo Giulio Capitolino ( Appio II).

 

I banchi sono arrivati a 52 con i venditori , i produttori carichi di merce di loro produzione fresca ed appetitosa , i banchi delle “ primizie “ e quelli dove la merce si vendeva in sacchetti ben confezionati, verdure pulite e pronte a cuocere, minestrone pronto , frutta di prima scelta , certo , a volte i prezzi erano un po’ da gioielleria ma…. ne valeva la pena.

 

Poi, qualche banco storico ha chiuso. I gestori erano anziani, i figli sistemati in altri ruoli e vendere diventava difficile. Poi sono arrivate necessità varie ,ci voleva un luogo più organizzato, più attrattivo anche se a settembre,ottobre ed anche oltre, nel piazzale dietro il mercato si vendono i libri usati e richiamano gente che cerca e trova i libri di scuola e non.

 

Le promesse delle varie amministrazioni si sono scontrate con il Covid e tanti banchi, chiusi per il periodo di maggior contagio,non hanno più riaperto. Ora il mercato c’è ma povero e sporco .

 

I residenti chiedono una riqualificazione. Le bancarelle rimaste sono la metà , di notte c’è di tutto oltre al cattivo odore perché la pulizia è carente. C’è l’immancabile “ monnezza “ romana, i materassi dietro alcuni box , giaciglio dei tanti poveri che aumentano sempre di più e forse…ma dicono di si’ ….spaccio e prostituzione.

 

C’era nella scorsa consiliatura un progetto di riqualificazione che fu anche presentato ai residenti, box più grandi e funzionali, una area gioco per i bambini , uno spazio di aggregazione e riunioni , costo € 2.000.000,00. Peccato signori, bambole non c’è una lira ( veramente un ‘euro ) ed il degrado, che ormai sembra essersi impadronito della Città, avanza.

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LA GELATERIA PETRINI

L’estate è ormai finita ed io non mi sto specializzando in gelati e gelaterie. Dobbiamo però riconoscere che anche in una bella giornata invernale fermarsi a mangiare un gelato può avere i suoi lati positivi.

 

Vanno bene le gelaterie storiche nel centro di Roma, ma va anche bene restare nel proprio quartiere o comunque nei luoghi frequentati spesso e fermarsi un attimo e concedersi un piccolo momento di tregua con in mano un bel cono per la gioia del palato che poi diventa gioia anche dello spirito.

 

E’ dal 1950 che vicino San Giovanni, a Piazza dell’Alberone c’è la Gelateria Petrini che ormai è diventata solo Petrini. La ricordo da bambina . Ricordo che da sempre è stata apprezzata e riconosciuta come una Gelateria che non usa “ le polverine “ ma fa gelati veramente artigianali con materie prime genuine.

 

E’ un sapore inconfondibile ,un sapore di cose buone, di zucchero, di frutta , di caffè di cioccolato.

 

Ha cambiato gestori? Penso di sì. C’è stato un periodo che abbiamo visto solo personale cinese. Oddio ma…. e il gelato ? Il gelato era lo stesso, buono.

 

Il mio gelato ?

 

Sempre il cono, ma con il tempo mi sono evoluta, dal cioccolato e panna da bambina, sono passata, da adolescente, al cono di creme ( che faceva più chic ) ora sempre il cono, possibilmente ricoperto di granella ( con fondo di cioccolato ) e come gusti nocciola, croccante , bacio e panna , da provare.

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I GIARDINI DI VIA SANNIO

A pochi passi dalla Basilica di San Giovanni in Laterano c’è un’area verde di 9.500 metri quadri a ridosso delle Mure aureliane e di Porta Asinaria, che è stata riqualificata da poco a cura di “Roma Capitale, Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, Metro C e Roma Metropolitane.”

 

L’area verde è al confine di due Municipi il VII ( ex IX ) ed il I e nella parte che rientrava nelle competenze dell’ex IX ci abbiamo lavorato e molto soprattutto quando organizzavamo la festa di San Giovanni che era per l’ex IX MUNICIPIO la festa dell’operosità , del fare , delle donne sapienti, delle streghe, trasformatesi in artigiane, in donne che creavano quasi dal nulla una loro impresa, anche piccola, ma che creava prodotti e lavoro.

 

Il nostro di lavoro era tanto , tanto per progettare una manifestazione gradevole e varia, cercare i finanziamenti , predisporre i bandi, seguire lo svolgersi delle procedure e poi seguire la manifestazione, l’allestimento , la partecipazione.

 

Ora l’area è più bella ( e speriamo che lo resti ), è stata pulita, rinnovata, ci sono giochi per bambini e vi è stato posizionato l’imponente Portico in marmo costruito al tempo dell’imperatore Claudio e ritrovato durante gli scavi della metro C.

 

La riqualificazione data a partire dal 2015,( dopo gli scavi per la metro C ) anche prima ci sarebbe stato molto da fare ma noi ci lavoravamo con i nostri mezzi ed ilnostro entusiasmo, e la nostra Festa di San Giovanni andava avanti ed aveva successo.

 

Il finale poi , grazie ad un altro artigiano, anzi ad un artista era assicurato con la musica ( classica ) che accompagnava i fuochi di artificio che illuminavano la notte di San Giovanni.

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LA GELATERIA FASSI; IL PALAZZO DEL FREDDO

E’ un’altra gelateria storica, un altro luogo di incontro di noi adolescenti. E’ più antica di Giolitti , ha aperto nel 1880 ma noi alle volte preferivamo Giolitti non per la bontà del gelato ( si può dire che si equivalgono ) ma per la collocazione di Giolitti, via Uffici del Vicario , vicino al Parlamento contro via Principe Eugenio a Piazza Vittorio. Forse eravamo un po’ snob.

 

Eppure Fassi non è stato sempre a Piazza Vittorio. Giacomo Fassi , piemontese, apre a Roma in via Quattro fontane una bottega di gelato, birra grattachecche. Poi si trasferisce a piazza Navona, poi a via Piave e poi a via Principe Eugenio (1924 ).

 

Intanto le redini dell’azienda le aveva prese Giovanni , pasticcere della casa reale , che si licenziò, dicono, per non tagliarsi i baffi e si dedicò alla sua fiorente azienda di gelato, coni, coppette , torte , semifreddi e tutto nel palazzo del freddo , un quartier generale di 700 mq con laboratorio a vista.

 

Il luogo diventa famoso e rappresentativo di Roma, è frequentato da intellettuali ( dicono anche D’annunzio ) politici , attori ed insomma tutta la bella gente.

 

Passa la guerra, passano i tedeschi e gli americani ed il Palazzo del freddo è sempre lì, nel dopoguerra lo troviamo nel gelato assaporato da Audrey Hepburn nel film “ Vacanze romane “.

 

Nel 2014 la proprietà passa ad una azienda coreana per circa 5 milioni di dollari. Peccato. La gestione del palazzo del freddo è rimasta alla quinta generazione Fassi ma ora però Andrea Fassi ,ultimo A.D. ci mostra sul suo blog una bolletta da ventimila euro. Resisterà lo storico palazzo e lo storico gelato alla crisi energetica ?

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IL MERCATO STORICO DI VIA SANNIO

Proprio nel cuore di San Giovanni, a due passi dalle Mura Aureliane e dai Giardini di via Sannio , nella stessa via si apre uno dei Mercato storici di Roma, il più “ storico “ dopo Porta Portese (che è più antico,1945, più grande e famoso tanto da stare al quinto posto tra le bellezze da visitare a Roma) .

 

Nato dal trasferimento, alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, degli operatori del Mercato americano di piazza Dante, è divenuto ben presto una istituzione chiamando a raccolta giovani e meno giovani.

 

E’ nato come Mercato americano e delle pulci anch’esso e vi si vendeva abbigliamento usato e talvolta nuovo , accessori e oggetti vintage.

 

Vede il suo periodo di gloria tra gli anni sessanta ed ottanta, quando erano ancora numerose le rimesse dall’America ( leggi USA ) con divise militari e vestiti femminili pieni di veli e di lustrini, decisamente insoliti per noi ma che facevano tanto “femme fatale “ e potevano essere riadattati anche per i primi vestiti da sera delle giovanissime. Numerosi i divi del nostro cinema a cercare costumi da film e vestiti per stupire.

 

E proprio per trovare a buon prezzo qualcosa di fascinoso da mettere nelle nostre festicciole che il mercoledì ( quando si diceva che arrivavano le merci ) si andava a via Sannio, Era un gruppo di amiche agguerrite di cui io facevo una parte piccola e secondaria perché non ho mai saputo scegliere ma guardavo meravigliata le mie amiche che tiravano fuori dai cumuli di vestiti tante cose belle e scintillanti.

 

Ora nel Mercato, un po’ in declino si vendono anche alimentari , soprattutto salumi e formaggi . E’ aperto tutti i giorni dalle 8,00 alle 13,00 , la domenica no. Il giorno di domenica molti operatori li ritroviamo a Porta Portese.

 

Adesso ci sono anche vestiti nuovi a buon prezzo , spesso frutto di fallimenti e rimanenze ma l’affare è sempre possibile.

 

Gli operatori sono tanti , le occasioni anche , occasioni di vendita spesso anche di oggetti propri per chi non ce la fa ad arrivare a fine mese. Il Mercato andrebbe regolarizzato , i banchi all’aperto che spesso sono stati uniti da teloni ed altri materiali che servono a coprire ed a creare delle corsie contro sole e maltempo, andrebbero meglio organizzati e forse “ controllati “ per creare un organico più strutturato ma forse si perderebbe in poesia, fantasia, creatività e fascino.

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VAGNOZZI

( il mondo cambia così, poco per volta ogni di’ )

 

Chi lo sa se una sposa del secolo scorso ricordando la scelta , con gioiosa trepidazione, delle bomboniere per il suo matrimonio ricorda quello che anni fa era il negozio di bomboniere per antonomasia , cioè VAGNOZZI.

 

Si trovava a via di Campo Marzio n. 3 ( locali che sono stati poi acquistati da Davide Cenci per ampliare il suo negozio ). Quando si andava a mangiare il gelato da Giolitti era quasi un obbligo passare per questa via a “ guardare le vetrine “ di negozi che erano il meglio di Roma . Gli abiti chic di Davide Cenci e lo scintillante sfolgorio dei cristalli di Vagnozzi.

 

Ce ne erano altri di negozi ma questi due catturavano l’attenzione di noi ragazzine ed eravamo convinte che per preparare il nostro matrimonio avremmo scelto le bomboniere, le più belle ( e care ) e poi saremmo andate a scegliere i vestiti, non da sposa ma per il viaggio di nozze da Davide Cenci. Chissà se qualcuna ha rispettato il programma ?

 

Io e la mia famiglia , per arredare la casa nuova in cui ci dovevamo trasferire abbiamo ,invece, comprato da Vagnozzi , due splendidi lampadari di cristallo di Boemia, quelli con tanti bagliori e riflessi di luce .

 

Nel 1999, sul finire del secolo, Vagnozzi ha chiuso. Il mondo cambia e come diceva Policarpo dei Tappetti, ufficiale di scrittura ( ricordate il bel film di Renato Rascel ? ), “ il mondo cambia così….poco per volta ogni di…”

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VILLA RUSTICA DI ETA’ ROMANA IN VIALE TOGLIATTI

Che ci fosse qualche cosa di importante sotto quell’area verde vicinissima al Centro Commerciale Cinecittà Due, lo sapevamo , perché ogni volta che ci veniva chiesta una OSP ( occupazione suolo pubblico ) dovevamo chiedere il parere ( vincolante ) della Soprintendenza Archeologica che ci poneva delle condizioni , anche rilevanti, perché? Cosa c’era in quel terreno appetito da associazioni varie e sicuramente d’impatto trovandosi vicinissimo ad un centro commerciale, il primo in assoluto di Roma.

 

Sia per curiosità che per difficoltà operative, ci siamo recate alla Soprintendenza archeologica di Roma dove un bravissimo dottor Egidi ( che in seguito guiderà ulteriori scavi ) ci parlo di un grande complesso monumentale di epoca romana che se ne stava nascosto in quel terreno un po’ dimenticato dal mondo della cultura e della storia.

 

Erano stati fatti degli scavi negli anni ottanta che avevano evidenziato una villa rustica ( cioè di campagna con laboratori, vigneti, granai, ecc,) di età romana , erano state fotografate delle parti, catalogate ma poi reinterrate per mancanza di soldi , di strumenti e di personale.

 

Ulteriori scavi sono stati fatti a partire dall’anno 2001 e si evidenziò un grande complesso “ abitato “ dal IV secolo a. C. fino in età medioevale. I reperti sono prevalentemente murari perchè sembrerebbe siano stati depredati molte volte.

 

Non so con sicurezza cosa sia accaduto dopo e se le aree scavate siano state valorizzate ed inserite in un Parco Archeologico ( come si voleva fare ) o siano state reinterrate. Certo è che il nostro immenso patrimonio archeologico meriterebbe un maggiore rispetto.

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IL PALAZZO DI VIA DEI CERCHI

La prima volta , diversi anni fa, quando sono entrata in questo palazzo per una riunione di lavoro , come responsabile dell’ufficio commercio dell’ allora X Circoscrizione, i colleghi , dopo avermi accolta (molto bene ) mi hanno subito domandato se conoscevo la storia del Palazzo di via dei Cerchi. Purtroppo no, non la conoscevo e loro mi hanno chiarito, con molti particolari , la storia di questa costruzione , che non è poi così antica, ma è stata inaugurata nel 1881 e costruita su iniziativa di Michelangelo Pantanella per ospitare uffici e forni della "Società dei Molini e Pastificio Pantanella", che è stata la prima fabbrica di Roma.

 

All'epoca l'intera valle del Circo Massimo era ancora sede di stabilimenti industriali.

 

Nel 1929 la Pantanella si trasferì nel complesso sulla Casilina che ,quando la fabbrica chiuse , restò per anni occupato e nel degrado per poi essere ristrutturato ed ospitare appartamenti diun certo tono e valore.

 

Nella riorganizzazione del Circo Massimo, il Palazzo ex Pantanella venne ristrutturato e divenne un Polo museale, ospitando sia il Museo dell’Impero romano che il Museo della Città di Roma che poi però , trasferiti, dettero vita a il Museo della civiltà romana all’EUR ed il Museo di Roma a Palazzo Braschi.

 

Il complesso della Pantanella divenne così sede di uffici comunali, tra i quali l'ufficio elettorale, Il CEU(Centro elettronico unificato ) la Ripartizione Annona e Mercati ( ora Dipartimento delle Attività produttive ) e del Dipartimento Formazione. Però c’è , sembra, una continua evoluzione, ci sono i magazzini dei costumi e delle scenografie del Teatro dell’Opera e si cerca di tornare all’antica destinazione di Museo. Il CEU è stato trasferito e così l’Ufficio elettorale.

 

E poi c’è stato tutto il lavoro svolto nel Dipartimento, per capire, per spiegarci, per cercare di essere utili, per informatizzare il settore , per credere di cambiare e migliorare . Ci siamo riusciti ? forse sì o forse no. Ma qualcosa abbiamo fatto. Abbiamo dato un senso a noi stessi e ad un bel Palazzo.

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DAVIDE CENCI a via di Campo Marzio

Forse è un po’ azzardato definire uno dei miei luoghi il bel negozio, vicino ai palazzi del potere , che ancora porta il nome del suo fondatore “ Davide Cenci “.

 

Era figlio di una signora che vendeva stoffe e camicie nei mercati il giovane Davide ( classe 1903 ) che nel 1926 aprì in via di Campo Marzio , un negozio di camicie e sparati.

 

L’attività ingranò bene , si ingrandì ed i politici, gli artisti, i nobili, insomma, la “ bella gente “ si vestiva da Davide Cenci .

 

Il negozio è rimasto a conduzione familiare , le donne di famiglia hanno, quasi tutte scelto l’insegnamento , ma i maschi no , dirigono i settori, moda uomo, donna, bambino,

 

perché un mio luogo ? perché era obbligatorio ogni volta che si andava a ,mangiare il gelato da Giolitti, fermarsi ad ammirare le vetrine scintillanti di questo negozio dove andavano Pertini, Scalfaro, Cossiga e Napolitano e poi i Papi per i famosi golf bianchi di cachemere e poi attori ed attrici.

 

Io ci ho comperato dei bellissimi cappotti senza tempo e dei giacconi di montone rovesciato caldi , caldi che ancora ho ,anche, se seguendo la mia personale tradizione che mi porta a “ far riposare “ i miei vestiti , al momento non li indosso, anzi un giaccone l'ho regalato, forse sto privilegiando cose meno belle e un po’ scarsine rispetto a questi abiti, anche se come diceva Davide Cenci “ NON FATE MAI COMPROMESSI SULLA QUALITA’ “

 

Perché la qualità è risparmio, sostenibilità, sembra strano, ma è anche economicità

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L’EDILIZIA POPOLARE

 

INA CASA AL TUSCOLANO

E’ un luogo della “ mia “ Roma ? Forse sì, non ci ho vissuto e non ho partecipato ad una sua nascita , ed anzi, ora, non so più come si è organizzato, evoluto (?) ,degradato(?) o cosa ? E’ tanto che non ci sono più andata , ma , anni fa l’ho frequentato, questo posto, sia per rivedere una amica di famiglia, una persona valida, intelligente e sfortunata sia per lavoro nell’allora X Circoscrizione.

 

A fine anni ’50 ed inizio anni ’60 con il termine , un po’ contorto, le case dell’INA casa, viene approvato ed attuato, il piano dell’edilizia residenziale pubblica messo in campo dallo Stato a partire dal secondo dopoguerra.

 

Oltre che a costruire case, per chi non le aveva, si perseguiva il fine di creare lavoro ed impiegare una ingente mano d’opera nei cantieri che infatti sorsero numerosi in tutta la penisola.

 

Il Piano fu fortemente voluto dall’allora Ministro del lavoro e della Previdenza sociale Amintore Fanfani. C’era la necessità, c’erano i fondi, fondi gestiti da un'apposita organizzazione, l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni (INA), la Gestione INA-Casa.

 

Lo stile delle costruzioni fu un po’ criticato, troppo uniformi, troppo uguali ma vi lavorarono i migliori architetti che, dissero loro, si ispiravano al neorealismo e poi vollero apporre su tutti gli edifici una targa in ceramica policroma , quasi un marchio, una firma per la casa finalmente acquisita.

 

Tra gli insediamenti più vasti , a Roma ci fu quello del Tuscolano. Tra la via Tuscolana e l’area archeologica del Parco degli acquedotti furono costruiti n, 112 fabbricati residenziali composti da tre nuclei indipendenti , il Tuscolano I , il Tuscolano ii ed il Tuscolano III nell’area denominata Cecafumo ( dal denso fumo scaturito dalle botteghe artigiane del posto ). Proprio a Cecafumo e precisamente su Largo Spartaco c’è il palazzo a sette piani ed a 86 alloggi che è sicuramente la costruzione più caratteristica.

 

Ma c’erano anche costruzioni più piccole, con piccoli cortili e giardinetti.

 

Si è molto discusso sull’inserimento dei lotti nel quartiere, troppo diversi, troppo uguali, troppo inseriti, troppo isolati, ma il fatto è che molte persone ebbero finalmente una casa. Tra queste una amica di famiglia, una persona che si ritrovò improvvisamente sola con 4 bambini piccoli e fu costretta a lasciare la sua bella casa , le sue comodità per alloggi di fortuna, finchè le venne assegnata la “sua “ casa che lei , anche se aveva conosciuto tempi migliori, definiva la “ sua reggia “. La signora Vittoria, brava e sfortunata era un esempio per noi bambini ed andare nella reggia dove c’erano sempre doni per noi, e giocare fuori in strada, senza pericolo, era un vero piacere ed è rimasto un bel ricordo.

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PANELLA

 

L’ARTE DEL PANE A ROMA

Nel centro di Roma, tra piazza San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore , in via Merulana e Largo Leopardi ( di fronte all’Auditorium di Mecenate ) da quasi cento anni ( ha aperto nel 1929 ) c’è un esercizio che sveglia i residenti con il profumo del pane fresco e dei cornetti appena sfornati. E’ la PANELLA, l’Arte del pane a Roma.

 

Quando lavoravo all’Assessorato ai Servizi Sociali, in via Merulana era semplice andare , ed in pausa pranzo si sceglieva Panella o il Cafè Brancaccio ( che era anche ristorante ). Veramente si andava più spesso al Cafè Brancaccio perché per noi la Panella, allora, era un po’ cara ed aveva meno scelta del ristorante che ci serviva una pasta gricia favolosa.

 

Poi , il tempo è passato e la Panella è divenuta quello che è ora, ha organizzato lo spazio esterno dove si servono colazioni pranzi e cene ed ha riorganizzato un locale bello, elegante , curato e solo a guardarlo da fuori con le piccole aiuole sempre fiorite, gli alberi curati ed , anche i tronchi tagliati con sopra i ciclamini che ti danno una idea di vita che, comunque continua e , il piazzale sempre pulito sembra veramente di stare in un altro mondo, Magari almeno al di fuori nella metà dei negozi romani ci fosse la pulizia e la cura della Panella.

 

E’ presente una gran varietà di prodotti di pane e non solo , tanto da far dire alla attuale responsabile Maria Grazia Panella “ è dal 1970 che ho sposato l’acqua e la farina “.

 

E così c’è il pane fragrante e profumato , la pasta, i cornetti del mattino. Un altro luogo che abbellisce la città e ci da piccoli momenti di piacere.

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IL 27 GENNAIO

Questa data , quella del 27 gennaio è quella di tanti anni fa ,cioè del 1944 quando le truppe dell’,Armata Rossa entrarono nel Campo di concentramento di Auschwitz decretando, di fatto, la fine degli orrori nazisti. E’ per questo motivo che per onorate e ricordare le vittime dell’Olocausto è stata scelta come giorno della memoria.

 

Abbiamo avuto modo di conoscere molto sulle celebrazione della giornata della memoria al Comune di Roma, ma forse non tutti sono a conoscenza che al Cimitero romano Al Campo Verano più familiarmente conosciuto come il Verano , già dall’anno 1952 è stato eretto ed inaugurato il Muro del Deportato , una lunga costruzione in pietra lunga 34 metri e larga 6 dove sono riportati i nomi dei romani che , deportati, non sono più tornati, al centro del Muro un’urna con ceneri trovate in alcuni campi di sterminio.

 

La giornata del ricordo della deportazione e dello sterminio è il 4 gennaio ( del 1944) ed insieme alla giornata della memoria unisce nel ricordo tutto il dolore di chi ,senza colpa, è stato sottratto alla vita.

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IL ROSETO COMUNALE

Il Roseto del Comune di Roma, uno dei luoghi più belli e romantici di Roma, raccoglie una grande varietà di rose ( circa 1.100 ) , nasce ufficialmente a Colle Oppio , dove già vi erano coltivazioni di rose,poi fu trasferito dove è ora in un’area alle pendici dell’Aventino ,con di fronte il Palatino ed il Circo Massimo .

 

La posizione, la location unica al mondo , ci offre un panorama che spazia su Roma dagli antichi monumenti ai più recenti abbracciando le vestigia romane con l’Altare della Patria, la Chiesa di Santa Francesca Romana, i fori imperiali ed altro.

 

Quell’area sembra sia stata sempre dedicata ai fiori ed alla natura. A partire dal III secolo a.C. vi sorgeva un Tempio della Dea Flora, poi fu sede di orti e vigne e nel XVII secolo anche del Cimitero della comunità ebraica. Nel 1934 il Cimitero ebraico venne dislocato al Verano e, dopo un periodo di quasi abbandono , nel 1950 l’area venne destinata al Nuovo Roseto per trasferimento del vecchio roseto del Colle Oppio.

 

Il Roseto ospita rose, provenienti da tutto il mondo anche dalla Cina e vi si trovano le rose più curiose, anche quelle che con il passare dei giorni cambiano colore, le mutabilis, ma ospita anche la Rosa Verde ( di origine cinese, simbolo di armonia ) e …..la Rosa Foetida, cioè la rosa maleodorante, sì quella che puzza. Mi sembra proprio strano associare la rosa alla puzza ….eppure lo strano odore dei petali gialli della rosa foetida lutea ci mette un po’ a disagio , sarà un simbolo dei tempi?

 

Il Roseto apre quasi sempre in coincidenza con il Natale di Roma (21 aprile) per la fioritura primaverile, resta aperto fino ai primi di giugno ed in genere riapre dall’8 al 23 ottobre per la fioritura autunnale.

 

L’ingresso è libero. Si possono prenotare visite guidate. La competenza è del Servizio Giardini Capitolino.

 

Esiste il Premio Roma che sceglie e premia, annualmente, la Rosa più bella.

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IL PALAZZO SENATORIO A CAMPIDOGLIO ( e non solo )

E’ stato un privilegio lavorare al comune di Roma anche solo per poter entrare in questi luoghi e sentirsi parte della Storia

 

Lo sapevate che il Palazzo Senatorio è la più antica sede di un Municipio al mondo ? fu costruito a partire dal 1144 sulle rovine dell’antico Tabularium ( l’edificio costruito in età repubblicana ed adibito ad Archivio di Stato ) sul Campidoglio. Era un po’ diverso da adesso, infatti fu ristrutturato per decisione di Papa Paolo III Farnese che lo affidò a Michelangelo. Lo terminò Giacomo della Porta.

 

La facciata di Michelangelo si affaccia sulla piazza del Campidoglio anche essa michelangiolesca, con tutto il suo splendore cinquecentesco e l’ingresso a doppia scala . L’edificio è sormontato dalla Torre della Patarina cioè la campana ( bottino di guerra della città di Viterbo che aveva accolto i patarini ,cioè dei fedeli considerati eretici ). La campana suona solo in casi eccezionali e di norma quando viene eletto il Sindaco e per il Natale di Roma.

 

Noi dipendenti non entravamo dall’ingresso principale ma da quello laterale , a sinistra ( guardando la facciata ). E’ lì che ci sono i commessi, il metal detector ed il controllo dei documenti di chi deve accedere. A sinistra , la sala del Carroccio.

 

Salendo le ampie scalinate si arriva all’Aula Giulio Cesare , alla sala delle Bandiere , alla Buvette, alla Protomoteca , all’ufficio del Sindaco con il famoso balconcino.

 

Innumerevoli sono gli artisti che hanno lavorato qui e lasciato le loro opere d’arte.

 

Però non è questo il bello del Palazzo , le cose più belle sono quelle non conosciute, sono i sotterranei dove sono visibili i resti dell’antico Tabularium , le opere d’arte ancora imballate ( che mi auguro abbiano trovato una sistemazione ), i passaggi tra un edificio e l’altro che non riguardano solo il Palazzo ma l’Avvocatura, la vecchia sede del Segretariato, la Ragioneria, la Tesoreria ,passaggi che mi hanno fatto ammirare la bellezza e l’armonia di questi edifici.

 

Se consultiamo il sito del Comune possiamo vedere quando e come visitare il Palazzo, anche se vederlo non è viverlo come lo abbiamo vissuto noi con gioia, con ansia , con soddisfazione ed alle volte con un pizzico di tristezza e l’amaro di un qualcosa che abbiamo ritenuto una ingiustizia.

 

E’ stato un privilegio lavorare al Comune di Roma, anche solo per poter entrare in questi luoghi e sentirsi parte della Storia

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IL TEMPIO DI GIUNONE MONETA

Roma è talmente grande e bella, ricca di storia e di storie, di miti , di eroi, di fatti e di monumenti che dovunque si guarda ci sarebbe da scrivere e raccontare e ritrovare quello che siamo stati.

 

Di fronte all’ingresso detto di Sisto IV del Palazzo Senatorio , vicino alla Chiesa di Santa Maria in Ara Coeli c’è un piccolo giardino in cui si riconoscono antichi reperti ed è lì che spesso , quando ancora si poteva entrare ( forse anche ora si può ? ) ci fermavamo a mangiare un gelato ( Magnum al caffè ) o a bere il, caffè tutti e due acquistati alla Buvette.

 

Il Giardino ed i suoi reperti sono quello che resta del Tempio di Giunone Moneta la più grande divinità della Roma antica, moglie di Giove e protettrice di donne, fanciulle, bambini e famiglie.

 

Il Tempio di Giunone Moneta venne costruito intorno al 350 a.C. sull’Arx Capitolina , dove ora c’è la Chiesa di Santa Maria in Ara Coeli sotto la quale non si è mai scavato per individuare altri reperti. Il termine Moneta significa Ammonitrice dal verbo latino monere ( ammonire ) e venne attribuito a Giunone quando le oche sacre alla dea (le famose oche del Campidoglio) col loro starnazzare svegliarono l'ex-console Marco Manlio che dette l'allarme dell'assalto dei Galli di Brenno.

 

Un secolo dopo , vicino al Tempio della dea Moneta venne costruita la Zecca romana, posta sotto la protezione della Dea, in seguito il nome moneta venne attribuito dalla vox populi al prodotto della Zecca, ai soldi, cioè alla Moneta.

 

Il Tempio di Giunone è rintracciabile anche nei mirabilia urbis, una specie di guida dei monumenti e di Roma che veniva consegnata ai pellegrini.

 

Ora resta quello che i sotteranei della Chiesa custodiscono e resta il sole sul piccolo giardino ed il ricordo dei gelati, del caffè, delle piccole storie di noi che abbiamo vissuto in quei luoghi.

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LA FONTANA DELLE TRE CANNELLE 

 

 (a via delle Tre Cannelle )

A Roma tutto ha un senso ed una storia . Anche la piccola via delle Tre Cannelle , oggi tagliata in due da via IV Novembre, si chiama così perché , nella strada si trovava una fontanella insolita, una fontanella con tre bocchette alimentata da un condotto dell’Acqua Felice.

 

Il progetto ( e la realizzazione ) della fontanella è attribuito a Giacomo della Porta ( 1532/1602 ). La vecchia fontanella è andata perduta da tempo . mentre a suo ricordo ce ne è un’altra in ghisa che si affaccia sulla strada ( via delle Tre Cannelle ) dove stava la fontanella originaria e che si trova alla estremità di via della Cordonata ( cioè la scala particolare percorribile anche a cavallo per la sua pendenza e la forma e distanza dei gradini.)

 

In via delle Tre Cannelle c’era una bottega artigiana bella e particolare di una zia di una nostra compagna di scuola , e per noi era, anche questa, una meta delle nostre passeggiate del sabato che ci portavano ad esplorare il centro storico di Roma che ci regalava tanta bellezza e tanti misteri e suscitava la nostra curiosità.

 

Non abbiamo mai saputo il perché delle tre cannelle, ma noi eravamo solite bere da tutte e tre e , giuro, ci sembrava che l’acqua avesse un sapore diverso a seconda della bocchetta da cui sgorgava.

 

A Roma ci sono altre due fontane a tre cannelle , una al Pantheon rivolta verso la bella fontana di Piazza della Rotonda , ed un’altra a via di San Teodoro , verso il Circo Massimo dove stava l’Autoparco.

 

Le altre fontanelle sono tutte i classici Nasoni ad una sola bocchetta che ormai sono diventate parte integrante di Roma, un elemento caratteristico , una parte della romanità.

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LA GARBATELLA DEL MAESTRO ACCIARI… E DI CARLOTTA

Narra la legenda che, molti anni fa, la giovane proprietaria di una osteria di nome Carlotta ,era molto ammirata dagli avventori e dal popolo per la sua avvenenza e per la sua gentilezza, e così Carlotta garbata e bella ha dato il nome alla Garbatella che ha voluto ricordarla ( e ricordare il suo nome e le sue origini )posizionando all’inizio del Novecento in via Angelo Orsucci, vicino la scalinata detta degli innamorati, una fontana con una testa di fanciulla.

 

La fontana, infatti, consta in un pilastro in calcestruzzo, con copertura in cementino bugnato, in mezzo al quale una testa femminile, in marmo rosa, che sarebbe appunto Carlotta, lascia cadere l'acqua in una vasca sottostante. Il pilastro è sormontato da una grande olla.

 

La fontana riforniva di acqua il quartiere, poi divenne luogo di incontri e simbolo della Garbatella.

 

Un bel dipinto della Fontana Carlotta troneggia nella sala consigliare del Municipio di via Benedetto Croce, un tempo XI ora VIII. Il dipinto è opera di uno dei più illustri figli della Garbatella il maestro Carlo Acciari.

 

Carlo Acciari, come disse lui in una intervista, ma io lo sapevo già, era nato a San Giovanni (a due passi dalla Basilica ) ma quando aveva 5 anni la sua famiglia si era trasferita alla Garbatella e lui è rimasto sempre là,

 

ha sempre avuto la passione per la pittura , per l’arte, la convivialità, ma doveva pur lavorare. Era un commerciante, un ambulante , con le alzatacce del mattino per arrivare e montare il banco. Era uno dei cento pittori di via Margutta ma era anche un operatore atteso e seguito di Porta Portese.

 

Un uomo allegro, vivo, gentile , affabile e comprensivo con noi ragazzi , sì perché lui e la sua famiglia abitavano vicino,vicino a noi al mare e per noi era soprattutto il Papà di Roberto, Angelica ed Augusto, anzi Augustarello , visto che era più piccolo di noi, cioè i ragazzi della nostra comitiva .

 

Veramente la nostra amica era Angelica perché Roberto ed Augusto già si avviavano a quella che era la loro arte ed il loro destino , la via del canto, degli Acciari Brothers, attivi e seguiti alla Garbatella , a Roma e fuori fino a quando non ho saputo che Roberto ci aveva prematuramente lasciato. Si, ho saputo, perché noi siamo cresciuti, abbiamo finito gli studi e siamo andati a lavorare e, come spesso accade ci siamo allontanati , ognuno per la sua strada.

 

Ma il Maestro Acciari ha continuato a lavorare nel suo studio e fuori , ad interpretare i sogni suoi e dei suoi concittadini, dipingendo i cavalli che ha sempre tanto amato con tratti sicuri di vita e movimento ed interpretando le strade, gli angoli del suo quartiere , l’animo popolare e la spinta al futuro, nei quadri con le immagini di un mondo che conosceva e rappresentava bene , il mondo del mercato, dei venditori e degli acquirenti.

 

Volevano fare un piccolo museo nel suo studio, ma ho letto che è stato occupato, ed ora? Nessuno fa niente?  

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IL CINEMA NEW YORK

Uno dei vantaggi dell’età adulta è anche quello di avere dei ricordi, alle volte dei bei ricordi che permettono di fare paragoni. E’ quello che capita a me , quando passo per via delle Cave davanti a delle serrande chiuse e con gli immancabili disegni dei cosiddetti writers , ossia i graffiti di questa nuova, cosiddetta, arte. Ci saranno pure dei graffiti validi ma la maggioranza sono incomprensibili scarabocchi che non suggeriscono nulla se non degrado.

 

Eppure una volta, anni fa, dietro a quelle serrande chiuse e degradate c’era un cinema , uno dei migliori del quartiere , dove andavano le famiglie alla domenica ed i ragazzi nei giorni feriali. Dove i film erano pure di qualità, prima visione. Il cinema dal nome americaneggiante , NEW YORK, è stato aperto sul finire degli anni ’50 nella Roma dell’Italia del miracolo economico , quando tutto sembrava più facile e si credeva di migliorare a vista d’occhio . Quando il divertimento non era un diritto ma una piacevole parentesi ed una ricompensa per il lavoro e, sì, anche per il sacrificio quotidiano.

 

C’erano anche altre sale nel quartiere Appio latino. IL cinema Diana, l’Appio ( verso San Giovanni ) ,il Maestoso dalla vita tormentata e quello che , allora, era considerato il pidocchietto, il Trianon , l’unico che, invece, sembra sopravvissuto e trasformato, in multisala.

 

Ma il NewYork era diverso , era vissuto come un qualcosa di più , forse più elegante ? Poi venne aperto anche il bar, proprio dentro al cinema , quasi di fronte alla biglietteria, con grande gioia dei ragazzi e ragazzini che , all’entrata, all’intervallo ed all’uscita assalivano i gelati.

 

Era facile darsi appuntamento con gli amici, con il ragazzetto “ dove ci vediamo ? “ dove ci aspettiamo?” “ davanti al NewYork”. E nelle attese (mai eccessive però ) sorgevano altre amicizie. C’era sempre gente, dentro e fuori il cinema e mi fa piacere ricordare che erano persone educate . Non esistevano scherzi e soprattutto il luogo era sicuro , non ricordo furti, non ricordo scippi.

 

Ma il tempo è passato, la società è cambiata e la crisi del mondo delle sale cinematografiche ha colpito anche il NewYork che, dopo una lenta agonia, ha chiuso i battenti rassegnandosi ai graffiti, al degrado , ai cartoni di qualche poveretto che non sa dove dormire.

 

Sono più di venti anni che è così e poi sentiamo che c’è bisogno di spazi . E quello non è uno spazio ? ma la Città ,in molte parti, sembra destinata al solo declino con amministratori indifferenti , con cittadini che passano in fretta, con chi non ricorda neanche che c’è stato un passato e con chi ricorda ma non può far altro che rinchiudere in se’ i ricordi, anche se, alle volte, basta invece chiudere gli occhi e ritrovare le immagini che ha vissuto.

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PORTA PORTESE

Con il passare del tempo e con il suo successo, il più grande e conosciuto Mercato di Roma ( Porta Portese ) ha oscurato la vera Porta, quella fatta costruire con le Mura gianicolensi, a causa dell’ampliamento delle mura leonine, nell’anno 1644, da Papa Urbano VIII Barberini che voleva rafforzare la difesa del Gianicolo.

 

La Porta sostituì l’antica Porta Portuense costruita nella parte meridionale delle Mura aureliane e da cui partiva la via Portuense. Adesso la via Portuense ha origine dalla nuova (del 1644 )costruzione ed ha dato il nome al Mercato che, nato intorno al 1945 come Mercato delle pulci si è ampliato , ingrandito in box, operatori e merci , è diventato meta preferita di Romani e non , è conosciuto all’estero e qui a Roma è anche meta delle gite domenicali delle famiglie in cerca di buona merce ed anche di qualche buon affare.

 

Da Romana doc anche io ho frequentato Porta Portese, ci sono venuta con mio padre, mia madre, mia sorelle e poi le mie amiche e colleghe ma, purtroppo per me, io non sono capace di individuare merce conveniente e resto un po’ bloccata , affari non ne ho mai fatti

 

Al Mercato si vende di tutto , si trovano oggetti di tutti i generi, dall'antiquariato all'oggettistica, dall'abbigliamento nuovo e usato ai casalinghi, scarpe, accessori per la casa, lenzuola, asciugamani, piante, dischi, cd, giocattoli, cosmetici e gli oggetti più disparati.

 

Un piccolo particolare, un ricordo, negli anni ottanta nell’Unione sovietica si verificò una grande crisi ( che portò alla sua dissoluzione )molta gente andò via , alcuni vennero in Italia , a Roma e si verificò il fenomeno ( seguito da molti ) della vendita a Porta Portese dei gioielli e gioiellini ed altri oggetti di un qualche valore, delle famiglie che, vendendo le proprie cose, si finanziavano. Si cercava l’affare e molti acquistarono, veramente non a prezzi stracciati ma giusti, delle belle cose . Anche io sono andata a vedere, a vedere non ad acquistare, perché, tra l’altro, ero un po’ diffidente, era oro vero ? era legale una vendita così ? e poi mi serviva qualcosa ? forse no.

 

I banchi si snodano per circa due chilometri , gli operatori sono migliaia, il mercato si tiene la domenica mattina , tutte le domeniche dalle 7, 00 alle 14,00. Molto spesso ci sono state crisi , molto spesso si è cercato (a livello dipartimentale ) di intervenire, di risanare, di riformare, ci sono riusciti? Credo di no.

 

E’ un po’ di tempo che non vado al Mercato ma mi riferiscono che crisi, varie crisi , ci sono ancora ,che la vecchia Porta Portese sta cedendo a commerci vari , ad operatori non locali, a qualcosa che forse è diverso dal Mercato meta domenicale delle famiglie .

 

Però…però… chiudiamo con qualcosa di bello, chi ricorda la bella canzone anni settanta di un certo Claudio Baglioni che segnò un epoca?

 

È domenica mattina

 

Si è svegliato già il mercato

 

In licenza son tornato e sono qua

 

Per comprarmi dei blue jeans

 

Al posto di questa divisa

 

E stasera poi le faccio una sorpresa ….

 

C’è tutto un mondo che non c’è più.

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IL MINIBAR

 

( Di Giancarlo a via Enea )

Anche un piccolo bar di quartiere è un luogo della memoria ? forse sì.

 

Il bar , cioè il Minibar, c’è ancora e mi dicono gestito da una famiglia gentile e disponibile verso i clienti , quindi ancora a conduzione familiare ,con quelle piccole accortezze che nelle nostre giornate frettolose, un po’ frenetiche e forse superficiali ci fanno sentire “ a casa “ anche se non è così.

 

Io sono anni che non entro in quel bar che , a suo modo , era diventato parte della nostra vita professionale. Era gestito da Giancarlo e suo fratello e, talvolta, erano presenti anche le loro mogli, per quel tocco femminile che si vedeva nell’arredo e… nei panini.

 

Il mio primo giorno di lavoro nella allora Circoscrizione IX, in quel lontano febbraio del 2001, ero arrivata prestissimo, ma prima di me era arrivato il Direttore Francesco Alvaro. Era sua abitudine arrivare presto , mi ha ricevuta subito , mi ha dato il benvenuto e la destinazione , dove era necessario e c’era bisogno di personale. Forse era vero ma, non so se ne erano a conoscenza , che, nell’assegnarmi ai servizi educativi e culturali anche se con compiti complessi , oltre al coordinamento, gare, indagini di mercato, bilancio, ecc. mi hanno fatto un favore.

 

Io che ho lavorato anni nel settore nidi ritrovavo un mondo che può capire solo chi c’è stato.

 

Anna Maria Sanzò è stata la prima collega del mio nuovo settore che ho visto e mi ha portata a conoscere i luoghi e le , allora, numerose colleghe dei vari uffici .

 

Nel frattempo erano arrivate le nove e, si è affacciato nella Direzione ( socio educativa ) Giancarlo con il suo vassoio pieno di caffè e cappuccini “ bollenti “ bollentissimi con i quali si combatteva li freddo di febbraio. Lo avevano ordinato anche per me , un bel cappuccino bollente e Giancarlo mi disse “ Io porto i caffè ed i cappuccini, chiaramente a chi li vuole, tutte le mattine a quest’ora, che faccio, dottore’ lo porto anche per lei ? “ “ E certo Giancarlo , che sarei venuta a fare qui altrimenti ?”

 

Con uno splendido cappuccino bollente è iniziato il mio lavoro nella nuova sede e poi ogni giorno , alla stessa ora ( con una stupefacente puntualità ) si ripeteva il nostro piccolo rito che dava il via a giorni a volte calmi , ma più spesso convulsi e frenetici.

 

Ed il tempo è passato e Giancarlo ha ceduto il bar , per dedicarsi alla “ sua “ campagna, per una vita più tranquilla.

 

Ci sono stati altri cappuccini, ma non più il nostro rito quotidiano , sempre alla stessa ora , (con il sole, la pioggia, il vento ) sempre bollente, estate ed inverno, come lo volevamo noi. Anche ora un vassoio pieno di bicchieri di caffè e cappuccini ci ricorda un piccolo rito ed un uomo semplice e gentile .

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ANTICO CAFFE' GRECO

Nella splendida cornice di via dei Condotti , in questo periodo impreziosita dai colori e dai profumi delle azalee che guarniscono la scalinata della vicina Trinità dei Monti, si aprono le 4 sale , cariche di capolavori , circa 300, cariche di storia e di aromi e dolcetti dell’Antico Caffè greco.

 

E’ stato aperto nel 1760 da Nicola della Maddalena , italiano del medio oriente o forse proveniente proprio dal “ Levante “, quindi chiamato levantino ( poi con questo termine sono state indicate persone scaltre, spregiudicate )e quindi ecco il nome greco all’antico caffè.

 

Il locale si è subito distinto per bellezza ed eleganza, per riunire nelle sue sale gli intellettuali che hanno fatto i capolavori e la storia rendendo il caffè una grande galleria d’arte aperta a tutti.

 

In tempi più vicini troviamo scrittori, attori , registi e donne belle e intelligenti che hanno lasciato un ricordo, un ritratto ,un segno del loro passaggio. Ci sono stati problemi di affitti, di sfratti, per fortuna non eseguiti e per anni il Caffè Greco ha rappresentato il top dei bar.

 

Un posto da frequentare sentendosi “ arrivati “ ed appartenenti ad una schiera un po’ sopraelevata per censo, intelligenza , capacità. Ora che queste non sono più doti ma il sociale è modulato sul grande fratello e l’isola dei famosi ( che ho l’onore ed il piacere di non avere mai visto ) il locale , pur restando un cult ( ma di cui molti ignorano il perché ) appare un po’ in ombra.

 

Quando volevamo sentirci importanti o quando volevamo respirare un po’ della bellezza di Trinità dei Monti anche noi andavamo a far colazione al Caffè Greco o a sederci nelle antiche sale per una bibita, un the ( era più chic ) o meglio del the un gelato. Allora era d’obbligo acquistare le tazzine del caffè per ripetere in casa il rituale di assaporare la bevanda sentendoci parte di un nuovo tutto. In una delle foto una delle mie tazzine ,proprio quelle in uso al bar.

 

Poi ,tutto questo con il lavoro ed i problemi della vita si è rallentato ed è finito.

 

Però bisogna tornarci al Caffè Greco.

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TIBURTINO TERZO

 

( Santa Maria del Soccorso )

C’era una volta la periferia romana, quella in cui gli episodi cosiddetti “ pericolosi “ erano rarissimi, praticamente nulli. I bambini giocavano per le strade ( molto diverse dalle trafficatissime attuali ) , gli abitanti si parlavano dalle finestre, si conoscevano, si aiutavano in caso di necessità.

 

Quando le merende non erano “merendine “ ma pane ed una consistente fetta di formaggio o pane ed olio o pane burro e zucchero.

 

Le case erano a misura di uomo e, spesso , rimanevano con le porte d’ingresso aperte.

 

Tutto questo caratterizzava anche il Tiburtino terzo, una delle borgate “fasciste “ di Roma, quegli agglomerati di case popolari nati per dare casa a chi abitava nelle baracche sorte qua e la ma soprattutto lungo le antiche mura che circondano Roma.

 

Le prime costruzioni datano 1935 , erano case popolari ma pensate anche per consentire aggregazione e vita sociale. I primi abitanti vennero dalle baracche di Porta Metronia. Poi furono costruite altre palazzine, altri lotti , una casa del Fascio ,dove ora ci sono i Carabinieri ed una Chiesa , Santa Maria del Soccorso , che ha dato il nome ad una fermata della Metro B e con la quale spesso si identifica anche il quartiere, nacque un asilo nido gestito dall’OMNI ora dal Comune di Roma.

 

E’ stato un quartiere di poveri , ci fu un periodo poco prima e durante la seconda guerra mondiale che, per sottolineare l’habitat della borgata ( un po’ isolata popolosa, un po’ caotica ) veniva chiamato Shangai. Poi la laboriosità, la fame di cultura e di socialità degli abitanti ha avuto la meglio. Interventi edilizi ( effettuati negli anni novanta con l’abbattimento delle vecchie case e la costruzione di palazzi )hanno fatto il resto . E’,rimasto un quartiere che ha ospitato operai, lavoratori anche a giornata ma, per varie vicende ne ho conosciuti alcuni, pieni di dignità, tesi a migliorare e migliorarsi ma contenti di quello che avevano.

 

Il tiburtino terzo ha ospitato molti film del neoralismo italiano ( ricordiamo I ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini ) che hanno contribuito ad esportare la sua immagine di borgata povera ma sana

 

Ma, nel degrado attuale e voluto da certa politica falsamente “ inclusiva “, il terzo Tiburtino non è scampato al destino delle altre periferie romane e nonostante la Metro che ha allontanato l’isolamento, molti negozi ( ATER ) hanno chiuso dicono per gli affitti troppo alti, non c’è più un cinema e si notano costruzioni abbandonate e non riutilizzate, ( nonostante la fame di case ) mentre hanno lasciato tracce le occupazioni abusive ed i centri per migranti ( ricordiamo i fatti continui e non certo edificanti a via del Frantoio)

 

Fuori la stazione metro di Santa Maria del Soccorso qualcuno ha dipinto una figura femminile velata che potrebbe essere una Madonna a cui si rivolgono gli abitanti al ritorno a casa. Chiedono un miracolo? Forse, chiedono di allontanare l’indifferenza, il degrado proprio delle zone senza un progetto, chiedono una vita normale ?

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VIA MARIO MENGHINI e

 

CAFFE’ BISTROT MASCI

Quando si è vissuto ( e lavorato ) per tanti anni in un quartiere, quando si è cominciato a conoscerlo , ad individuarne i problemi ed a cercare di risolverli, ogni angolo, ogni via richiama un fatto, una azione, un ricordo.

 

In via Mario Menghini ( storico e scrittore ) una strada dell’Appio latino con una valida ed operosa Associazione dei commercianti che permette iniziative valide anche se la strada, molto vissuta, è molto trafficata, ci sono numerose attività e negozi che richiamano ad iniziative, circostanze avvenimenti accaduti , realtà che bene o male ci hanno insegnato, cambiato, istruito.

 

Vi si trova una fornitissima Farmacia, un famoso salumiere, negozi di alimentari, abbigliamento , merceria e profumeria, la pizza a taglio storica del quartiere, vi abita gente amica e conosciuta, e c’è un grande bar con molte vetrine, due entrate e che ha preso il nome anche di Bistrot, alla francese.

 

Significa che nel caffè, bistrot Masci non si fanno solo buone colazioni con caffè, cappuccino ed ottimi cornetti e dolci ma c’è anche il posto ed il tempo per un incontro ed una ristorazione veloce, semplice ma di qualità.

 

Il locale è ampio con sedie e tavolini anche all’interno ed un bancone di prodotti che invitano i clienti.

 

Quando un mio collega, al mattino presto , dopo aver portato la figlia a scuola passava a prendermi per andare al lavoro , spesso ci fermavamo per un caffè e spesso il bar era Masci.

 

Si poteva parcheggiare, in modo forse un po’ azzardato, ma non di intralcio, il caffè era buono e ci dava la spinta per affrontare una nuova giornata forse tranquilla, forse troppo agitata, forse di normale amministrazione, forse con qualche soddisfazione in più, ma sempre con la consapevolezza di dover fare, agire ,aiutare, mettere in gioco noi stessi . Ed il piccolo scambio di idee, il sorriso , il caffè ci apriva e segnava il nuovo giorno.

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LUCAMALEONTE 

 

e FRANCESCO TOTTI 

 

NEL QUARTIERE SAN GIOVANNI

Luca Maleonte è un giovane artista romano ( nato nel 1983 ) , notevole esponente della street art ( e non solo ). Laureato all’Istituto del restauro romano si è fatto notare per la sua creatività e la sua bravura in più di cinquanta mostre in diverse nazioni.

 

A dargli ancora più notorietà sono stati i murales dedicati al capitano della Roma Francesco Totti dipinti nei luoghi dove è nato e cresciuto.

 

Che c’entra Lucameleonte con i luoghi di Roma ??

 

C’entra perché i luoghi sono Piazza Ragusa dove spicca il murales all’ingresso dell’ex deposito ATAC e la “nostra “ scuola Pascoli di via Sibari dove un grande ritratto del calciatore ricorda la famosa frase “ vecchio a chi ?”

 

Nella sua vita travagliata ( da quando è stato dismesso ) ,il deposito ATAC tra le richieste di Associazioni, politici, commercianti, ecc. che volevano , a tutti i costi, gli spazi lasciati liberi dagli autobus, a maggio 2014 ospitò la NIKE che presentava le maglie della A.S. Calcio Roma. Quale migliore pubblicità all’evento della immagine del Capitano sulla facciata del Deposito ?

 

Poco prima ( a febbraio ) era stata dipinto un bel ritratto di Totti sul muro della scuola Pascoli a via Sibari.

 

Tutti e due gli eventi sono stati sponsorizzati dal Municipio VII con significative ed importanti riunioni ( anche divertenti ) nella Presidenza del Municipio. Hanno partecipato la società organizzatrice ed agente ( ?) dell’artista,i rappresentanti della scuola (Dirigente scolastico , Direttore amministrativo , una rappresentanza degli insegnanti ,) due incaricati,uno della NIKE ed uno dell’ATAC, e poi noi della Presidenza , tutti con il preciso intento di rendere omaggio a Roma e ad uno dei suoi figli , sicuramente conosciuto ed amato e che era nato e cresciuto tra Porta Metronia e San Giovanni .

 

Non mancava nessuno , o forse sì ne mancava uno, Francesco Totti , ma lui era il festeggiato.

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